07 maggio 2016

Mordere la Grande Mela/10. Italiani a Chelsea? Due, e giovani. Ecco Beatrice Pediconi da sepia EYE e Beatrice Scaccia da Cara Gallery

 

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Si intitola “Alien/Alieno” la prima mostra da Sepia EYE (a Chelsea, 547 west 27th Street) di Beatrice Pediconi. Alieni un po’ come gli artisti italiani da queste parti, praticamente non pervenuti. E invece queste due giovani, entrambe Beatrici, entrambe romane, ed entrambe di base a New York, mostrano due bei progetti.
Da Sepia EYE, appunto, Pediconi (home page) lavora con il tema della diversità, dell’ignoto, della scienza “molecolare” che diviene astrattismo, il tutto trasmutando pittura e fotografia. Le stampe dell’artista, universi in questo caso rossi o neri, geometrici e meditativi, come il video che fa parte della mostra, sono in realtà riprese di un procedimento pittorico che vede disciolto il colore ad olio in acqua, operazione dal risultato che l’artista può solo in parte controllare. Un progetto che ha a che fare con il tempo, con la chimica, con la metamorfosi che genera mistero, in un paesaggio quasi alchemico. Dove la vita si confonde con una visione aerea, e dove quello che pensiamo di riconoscere, o interpretare, sfugge al linguaggio della definizione. Alieno, infatti.
Da Cara Gallery, il progetto di Beatrice Scaccia (sopra) è invece stato pensato appositamente per gli spazi della galleria. Qui, contrariamente al lavoro di Pediconi, siamo nell’ambito del figurativo che però resta delicato, impalpabile, come i soggetti che la pittrice (che ha alle spalle anche un’esperienza nello studio di Jeff Koons) mette in scena sui toni del bianco, nero, grigio. L’esposizione, intitolata “Call The Bluff” che tradotto in italiano significa “smascherare”, mostra appunto le interazioni di personaggi senza apparente identità, i cui volti e corpi sono spesso nascosti da pesanti strati di tessuto, o piantati in strani cuscini, come stessero sfidando un gelido inverno. Forse quello newyorchese, o forse quello della “comunicazione” con l’altro. Certo, non è facile essere “narrativi” a Chelsea, ma si tratta di una bella prova. Specialmente per due giovani, e italiane. 

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