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Il museo Guggenheim di New York ospita da qualche anno Mind’s Eyes, una serie di incontri dedicati alle persone non vedenti che, attraverso workshop sensoriali, permettono a coloro che sono affetti da cecità o da altri problemi alla vista di fruire delle opere.
Oltre a descrivere con le parole i capolavori, gli incontri offrono esperienze multisensoriali che ricreano la stessa emozione provata da chi ha la possibilità di vederli. “Aiutiamo a percepire le opere attraverso il cervello, e non con gli occhi”, spiega Georgia Krantz, storica dell’arte ed educatrice del Guggenheim. Secondo alcuni scienziati il tatto, per esempio, può stimolare alcuni neuroni normalmente usati solo per la vista. Con i giusti stimoli, i visitatori non vedenti possono fruire dell’arte visiva come chiunque altro, aiutati da un processo che sia in grado di convertire l’esperienza bidimensionale in tridimensionale.
Mind’s Eyes non è la sola iniziativa che tenta di avvicinare spazi espositivi e persone con problemi alla vista. Nel 2014 Ezgi Ucar ha lavorato con il Metropolitan per aggiungere suoni e odori alle copie di alcune famose sculture del museo, realizzate per i non vedenti, dando vita a “Multisensory Met”, un progetto diretto a tutti coloro che hanno il desiderio di connettersi più a fondo con le opere d’arte. Come lei sono molti gli artisti contemporanei che stanno introducendo suoni e odori nei loro lavori, mettendo in discussione la concezione tradizionale del museo come luogo riservato all’arte visiva. (Giulia Testa)
Fonte: The Atlantic