22 giugno 2016

Reading Room

 
di Ernesto Jannini
Arte ed estetica nell’Islam

di

Si sa che l’ascolto profondo e distaccato, è un esercizio essenziale per avviare un dialogo. L’arte della conversazione, a partire dalla Grecia di Socrate, si è posta come una delle più grandi opportunità per lo sviluppo culturale, purché tra gli interlocutori ci sia reciproca disponibilità. Infatti, qualcuno pensa che il dialogo sia difficilmente praticabile nella realtà dei fatti, se non addirittura impossibile, quando le poste in gioco sono altissime: come ad esempio tra due stati, per cui al termine “dialogo” si preferisce “negoziato” o “trattative”. Per contro, se i princìpi ispiratori delle culture cozzano tra di loro, talvolta in maniera drammatica, si parla subito di “scontro tra civiltà”: ad esempio, tra cristiani e musulmani, tra mondo occidentale e mondo Islamico. Del resto, che ci siano differenze culturali tra questi due mondi è innegabile: per farsi un’idea basterebbe mettere a confronto la “versione islamica” della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo proclamata all’Unesco nel 1981, seguita poi dalla Dichiarazione del Cairo dei Diritti Umani dell’Islam del 1990, con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo firmata sempre a Parigi dagli stati membri nel 1948. Per dirne una, senza aggiungere nulla di nuovo, la discriminazione femminile è ancora una realtà quotidiana. Al di là di ogni giudizio nel merito sorge comunque spontaneo chiedersi -anche alla luce dei fatti tragici che accadono quotidianamente- se sia possibile superare le divergenze di fondo. Quante probabilità ci sono di trovare punti di congiunzione tra sensibilità ed orientamenti di pensiero così diversi? Quando si discetta di etica, di politica, di sessualità o, per ciò che ci riguarda un po’ più da vicino, di arte, di estetica, di bellezza, potremmo chiederci qual è, a questo proposito, il pensiero dell’Islam?
La cover del libro
Allamah Muhammad Taqi Jafari (1923-1998), è stato un autorevole filosofo e teologo musulmano di scuola sciita. Nel suo “Arte ed estetica nell’Islam” curato per i tipi dell’Irfan Edizioni da Maria Rosaria D’Acierno (Università degli Studi di Napoli L’Orientale), apre parecchie questioni interessanti e per alcuni versi “rivoluzionarie”, per il punto di vista occidentale. Le sue argomentazioni sull’arte sono limpide e lineari, come può essere lo sguardo di chi, partendo dall’esperienza diretta, ha l’”evidenza” inconfutabile della verità. Gli scambi che Taqi Jafari ha avuto con ricercatori quali Bertrand Russell, Hans Kung, Abdus Salam (Nobel per la fisica) sono la testimonianza di chi, in cerca della verità, abbraccia il dialogo come via di conoscenza.  Taqi Jafari esprime il punto di vista di chi è in contatto continuo con Dio. Dagli scritti del teologo e filosofo iraniano, si evince che l’esperienza religiosa, che tocca anche l’arte, è l’esperienza interiore vissuta da chi si pone sulla via della “vita intelligibile”: vale a dire la via che  percorre chi porta al massimo sviluppo le sue facoltà in maniera unitaria ed armonica. Il sentiero che porta alla “perfezione” dello spirito -secondo Taqi Jafari- può essere percorso soltanto da chi è teso verso lo sviluppo della dimensione religiosa della coscienza. Il punto di vista religioso si pone, quindi, come collante di tutte le altre dimensioni: scientifica, teorica, morale, filosofica, estetica. Il che contrasta con la visione occidentale che ha scisso il mondo in una inconciliabile antitesi tra Molteplicità e Unità, tra particolare e universale; inoltre, contrasta con la concezione marxiana della religione stessa, intesa come “oppio dei popoli”. Per quanto concerne l’arte d’avanguardia -ovviamente non tutta, precisa Jafari- in molti casi si pecca di eccessivo individualismo, di futilità ed edonismo. Molta arte, per riempire il vuoto esistenziale, dovuto essenzialmente all’assenza di tensione mistica, si adegua agli stampi del più bieco conformismo, tradendo “ciò che invece dovrebbe essere”, cioè una spinta genuina all’innovazione, da Jafari intesa non come puro e banale sperimentalismo, che porta all’ “arte per l’arte”, ma come espressione della “bellezza delle realtà intelligibili” già espresse da Platone nel suo Iperuranio.
Shirin Neshat, Women of Allah
Gli “impiegati dell’arte”, come gli “impiegati della filosofia”, ci dice Jafari citando Hans Meyer, sono lontani dal vero cammino umano, espresso dalla sapienza di grandi poeti del misticismo universale, come Rumi (ripetutamente citato dal nostro autore) con la sua opera Mathnawi, o profeti come l’Imam Alì. Se in occidente la bellezza è stata separata dall’etica, nella cultura islamica ciò non è possibile. Jafari riconosce che la spinta ad una visione unitaria si perde nella notte dei tempi. “La percezione dell’unità,” -sostiene il filosofo- “è proporzionale al grado di perfezionamento interiore, e quanto più sarà elevato, tanto più nitida e chiara sarà la percezione dell’unità che sottende al mondo della creazione e dell’esistenza”.
Radicato nella tradizione religiosa dell’Islam, Jafari, nella sua trattazione, esprime una libertà di pensiero e di ricerca lontana da sospettabili dogmatismi. Questa libertà nasce dall’essere in contatto anche con la bellezza espressa dall’arte che si sviluppa sul principio dell’Unità, in cui all’elemento sensibile della materia, governata dall’artista, si affianca il quid dell’intelligibile e del sovra-intelligibile. Al di fuori di questa tensione mistica l’arte perde la sua ragione d’essere e si trasforma in puro intrattenimento, per “soggetti semplicioni”, trasformandosi in un’arte del tutto insignificante che come scrive Jafari è “come la schiuma o le piccole onde della superficie del mare che si dissolvono in poco tempo e spariscono dalla coscienza storica e culturale.”
Se volessimo cercare un punto di contatto tra la visione di un grande artista occidentale e la visione di Jafari non sarebbe fuori luogo citare le parole espresse da Paul Klee nella celebre conferenza di Jena del 1924.
“Artisti eletti, coloro che oggi si spingono in prossimità di quel fondo segreto, ove la legge primordiale alimenta ogni processo vivente. Chi mai non vorrebbe, come artista, dimorare là, dove l’organo centrale d’ogni moto temporale e spaziale -si chiami esso cervello o cuore della creazione- determina tutte le funzioni? Nel grembo della natura, nel fondo primordiale della creazione, dove è custodita la chiave segreta del tutto?”
Ernesto Jannini
Allamah Muhammad Taqi Jafari:  Arte ed estetica nell’Islam 
Edizioni: Irfan Edizioni. 2015
Euro 15.00
ISBN 9788897278214

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