17 giugno 2016

Dov’è Ana Mendieta?

 
Questa la domanda laconica, all'opening della nuova Tate Modern, da parte dei manifestanti del gruppo omonimo. Il nuovo museo ha escluso l'artista cubana, ma mostra le opere del compagno Carl Andre, riaprendo vecchie storie e opinioni. Ma non doveva essere tutto "inclusione" e niente differenze?

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Sono arrivati in 200, a disturbare la festa della Tate. Al grido di Where is Ana Mendieta? hanno ripescato un fatto di cronaca e dell’arte, mai risolto fino in fondo, mettendo un po’ di imbarazzo. 
Per chi non ne fosse al corrente Ana Mendieta, grande artista di origine cubana, nel 1985 è morta “caduta” o lanciata dal 34esimo, dall’appartamento che divideva con l’altrettando grande Carl Andre. Anche se le circostanze esatte della sua morte non si potranno mai conoscere, è opinione diffusa che Andre l’abbia spinta. Inizialmente accusato di omicidio, l’ex partner della Mendieta fu assolto per il fatto che non vi erano prove sufficienti per dimostrare che aveva dato una mano alla tragedia.
La protesta è stata organizzata dal collettivo WHEREISANAMENDIETA?, piattaforma “politica” che ha come missione quella di evitare la “cancellazione” delle donne, dei transgender, e della gente di colore dal mondo dell’arte.
Una protesta che va avanti dal 1992, quando la Mendieta fu esclusa dal Guggenheim di New York, e che oggi, 24 anni dopo, suona ancora come un evergreen, visto che la Tate che si è vantata di difendere inclusione e diversità, raccogliendo opere di artisti provenienti da più di 50 Paesi, di cui la metà donne, ha lasciato proprio fuori una delle protagoniste indiscusse delle “quote rosa” dell’arte. 
Gli attivisti hanno marciato attraversando il Millennium Bridge verso la Turbine Hall della Tate, alzando bandiere e urlando non solo Dov’è Ana Mendieta, ma anche “Carl Andre ha ucciso Ana Mendieta”, e quando si è sparsa la voce che l’artista fosse dentro al museo è stato formato un cordone umano per impedire l’accesso e tempestando di pugni le vetrate d’ingresso il tiro si è alzato: “Dove cazzo è Ana Mendieta?”, “Non è caduta, l’hanno lanciata”.
A dare manforte, poi, si è aggiunto il collettivo femminista Uncut Sister: “Oggi protestiamo contro la cecità intenzionale e la violenza della Tate nell’esporre l’opera di un assassino. Oggi piangiamo la cancellazione delle donne di colore dall’arte e dalla giustizia. Oggi chiediamo che la Tate riconosca ed esponga il lavoro di Ana Mendieta e rimuova Andre”.
E la Tate, ora, dopo le feste, si metterà una mano sulla coscienza, rimettendo al suo posto una grande artista? Magari non rimuovendo Andre come richiesto, lode al suo Minimalismo, ma almeno non spingendo nel vuoto ancora, dopo 30 anni, una voce “diversa”. Ringraziando, fortissimamente, chi ci ricorda di avere una coscienza, associata a un buon libro di storia dell’arte contemporanea. (MB)

2 Commenti

  1. Ana Mendieta è al PAC. Non solo non l’abbiamo dimenticata, ma le abbiamo dedicato un’intera sala nella nostra prossima mostra CUBA TATUARE LA STORIA – dal 5 luglio a Milano – insieme ad altri 30 artisti cubani. Era impossibile raccontare l’arte a Cuba senza parlare di Mendieta, fondamentale per comprendere le radici performative dell’arte cubana. L’8 luglio le dedicheremo anche una serata, con proiezione di un nuovo documentario su di lei e talk con Raquel Cecilia Mendieta.

    Aspettando la mostra http://www.pacmilano.it/blog

  2. Femminicidio, omicidio preterintenzionale, casualità, se fosse successo in questo particolare “clima contemporaneo” forse sarebbe stato analizzato con più attenzione e maggiore chiarezza! Sono proprio curiosa di sentire cosa ne pensa la nipote di Ana Mendieta l’8 luglio al PAC…

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