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Venti musei autonomi e l’accusa, in passato, che il sistema italiano dell’arte e della cultura fosse poco incline al web, per non parlare dei social network, decisamente in ombra rispetto a grandi realtà europee e statunitensi, dal MoMA al Metropolitan, passando per la Tate.
E invece, ora, una ricerca firmata dal Mibact e iniziata lo scorso gennaio, ha individuato un’inversione di rotta: attività ed eventi, spazi, servizi, ristorazione, accessibilità e costi sono le variabili analizzate, scoprendo che la soddisfazione generale dei visitatori è pari all’80 per cento (un traguardo decisamente importante), in crescita del 3 per cento rispetto allo stesso semestre del 2015.
Tra le crescite migliori c’è la percezione dell’accoglienza, con oltre il 40 per cento, mentre al più 25 per cento migliora l’idea delle attività.
«Questi dati rivelano quanto i musei italiani abbiano cominciato a colmare il divario digitale che li divideva dalle principali istituzioni culturali internazionali, da tempo impegnate nell’utilizzo della rete e dei social network per la propria promozione. Il sistema museale nazionale ha finalmente superato ogni timidezza e sta sperimentando con efficacia strumenti ormai imprescindibili per far conoscere e apprezzare le opere presenti nelle collezioni, le mostre e le attività», ha spiegato Dario Franceschini.
E poi ci sono anche i numeri del TAI score (Travel Appeal Index Score) cioè il voto complessivo della presenza sul web, analizzato per tutti i canali social, per i contenuti, l’ottimizzazione, la gestione e le performance. In testa alla classifica del sentiment troviamo la GNAM di Roma (sopra), il Museo Nazionale Archeologico di Taranto (home page) e la Galleria Nazionale delle Marche, con oltre il 90 per cento, mentre esplodono i contenuti pubblicati sui social media: 2.809 del 2015 ai 7.165 del 2016, quasi triplicandosi.