27 giugno 2016

Ustica, 36 anni dopo in fondo al mare

 
Una strage irrisolta, come tante in Italia. E due voci divergenti su una ricerca di "verità", che resta laddove era precipitata, a distanza di quasi 40 anni. Con mandanti e responsabili che l'hanno fatta franca, e che forse sono già passati a miglior vita

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La cassazione, gia nel 2013, ha confermato l’ipotesi che a far precipitare al largo di Ustica il DC9 dell’Itavia il 27 giugno di 36 anni fa, fu un missile. Difficile pensare ad altro, almeno ad oggi, ma la verità è ancora inabissata nel mare, e i famigliari dei deceduti stanno ancora aspettando giustizia dopo quasi 4 decadi. Strani i “misteri” italiani, archiviati come “di stato”, e che in queste occasioni vengono tirati fuori anche dai diretti rappresentati dello stato.
Stavolta è il Presidente Mattarella che scrive un telegramma alla presidente dell’Associazione parenti delle vittime, Daria Bonfietti, esprimendo vicinanza e sostegno.
“La ricorrenza della strage di Ustica – nella quale vennero stroncate le vite di 81 persone – rinnova lo strazio dei familiari e il dolore del Paese intero, che non può certo dimenticare quella ferita così profonda nel proprio tessuto sociale e nella storia stessa della Nazione”, scrive Mattarella, che in un passo successivo chiede che si continui a cercare la soluzione, “perchè le nostre democrazie si fondano su valori e diritti che non possono sottrarsi al criterio della verità”. Sarebbe auspicabile, come del resto lo sarebbe stata quello di un altro delitto italiano, sempre partito da Bologna, poche settimane dopo il 27 giugno 1980: quello della strage del 2 agosto alla stazione. 
Peccato che poi ci si metta di mezzo qualcuno come l’ex Ministro Carlo Giovanardi, che ha rimarcato che non c’è da cercare nessuna verità, e che ad abbattere l’aereo fu una bomba nascosta nel bagno. 
Ottimo. Allora bisognerebbe conoscere i nomi di qualche mandante, e invece si punta il dito sugli spettacoli dedicati al tema del maledetto volo Bologna-Palermo, accusati di essere “allegramente finanziati da denaro pubblico”.
Allegramente, forse, serviranno anche loro per evitare di spegnere definitivamente i radar della memoria su un fatto che ancora tiene il fiato sospeso anche tra nazioni. 
“L’Italia non ha presentato il final report sull’incidente all’Icao, come ogni Paese civile è tenuto a fare, e altro che ricerca della verità! Purtroppo in questo caso il pervicace rifiuto di mettere a disposizione degli storici e dell’opinione pubblica la documentazione dell’epoca dimostra che più che a scoprire la verità si continuano a sceneggiare film di fantascienza su inesistenti battaglie aeree e fantasiosi missili”. Sarà, ma intanto tutto è ancora racchiuso sotto l’iscrizione di “segretissimo”. Chissà perché. (MB)

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