29 giugno 2016

I risultati di Phillips e l’effetto Brexit

 

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Le opinioni sono contrastanti nel day after della prima asta dopo l’uscita delle Gran Bretagna dall’Europa. C’è chi parla di asta mediocre, che ha leggermente rassicurato il mercato, e in linea con l’andamento medio della stagione, e chi invece, più pessimista, trova nella vendita dei due giorni passati una battuta d’arresto. 
Secondo gli ottimisti, vedi Artinfo, il mancato ritiro delle opere a ridosso dell’asta è un buon segno come il fatto che il catalogo, composto da 31 lotti, abbia ottenuto buone offerte in sala. 
Tutti gli altri, Bloomberg in primis, si sono soffermati sulle sedute vuote e sul totale, pari a 11,9 milioni, entro le previsioni, ma in calo del 34,6% rispetto allo scorso anno, quando ci sono stati 50 lotti sul tavolo. Il tasso di venduti è stato poco brillante, fermatosi al 68 per cento, invenduti ben 10 lavori su 31.
Ed Dolman, il presidente e amministratore delegato di Phillips, ha detto che la casa d’aste ha visto una forte offerta dagli Stati Uniti e in Asia, regioni in cui ha rappresentato un vantaggio la caduta della sterlina: il cambio ha permesso loro di risparmiare una cifra compresa tra il 10 al 15 per cento. Solo due opere hanno rotto la soglia del milione. Il primo un paesaggio marino in tempesta di Anselm Kiefer, che partiva da una stima di 600mila sterline ed è passato di mano per 2,4 milioni di sterline, il risultato è un record per l’artista in sterline, ma non dollari. Il secondo è un grande lavoro di Rudolf Stingel, che resta fermo entro le stime vendendo per 1,3 milioni, l’artista ha fatto il bis vendendo anche un altro lavoro per poco più di 900mila sterline. Buoni i risultati di Domenico Gnoli, Michelangelo Pistoletto e Alexander Calder. Anche la giornata di ieri ha visto molti invenduti, da Marc Quinn a Andreas Gursky, da Sigmar Polke a Jean Dubuffet fino alla star del mercato Vik Muniz. Molti i lotti che vendono a meno della stima iniziale o si fermano entro le previsioni. Fa eccezione la superstar cinese Yue Minjun, che supera tutte le previsioni, arrivando vendere per 965 milioni di sterline, contro le previsioni che lo vedevano fermo a 150mila sterline. Per una sessione in cui il successo è stato limitato ad una manciata di lotti, forse la colpa non è solo della Brexit, ma se si considera l’impatti che quest’evento ha avuto sui mercati finanziari bisogna considerare che Phillips non ha fatto poi così male. Poteva andare molto peggio. (Roberta Pucci)

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