11 luglio 2016

Tutti colpevoli?

 
In Italia, il fatto degli ultimi giorni, è l'omicidio di Emmanuel - il 36enne nigeriano di Fermo. Tanto che anche il Papa, nella sua predica, prende la tragica storia da esempio. E, ancora una volta, ci troviamo di fronte al pensiero non un diverso, ma a due

di

Diverso da chi? E perché? Emmanuel Chidi Namdi diverso perché nero, perché la compagna è una “scimmia” agli occhi di un altro diverso: l’ultrà (ma poi, anche questo, che conta?) Amedeo Mancini, che ha dimenticato il rispetto per la civiltà.
Ha detto bene il vescovo del paese marchigiano: la vittima è anche l’aggressore. Che non solo ora va punito, ma rieducato da quella società che, per un motivo o per l’altro, dal più piccolo nucleo al più grande nucleo, non è riuscito a renderlo una persona “umana”. Figuriamoci una scimmia.
Poco importa, in realtà, che si tratti di un ultrà o di chiunque altro: un insulto e le botte sarebbero state condannabili a qualunque uomo di qualunque grado culturale ed estrazione sociale. E invece, anche in questo caso, sembra che l’appartenenza a una categoria sia discrimine per imputare azioni. La stessa appartenenza alla categoria dei “negri”, delle “scimmie africane” alla quale, secondo Mancini, appartengono Namdi e moglie. 
Ed ecco che la frittata è fatta. Al di là della cronaca nera, al di là delle commozioni, della politica che ha preso posto tra le navate della cattedrale di Fermo, con Laura Boldrini, Maria Elena Boschi e il vice presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, e il messaggio di Francesco che ha ricordato «Dio ci dirà: quel migrante che tanti volevano cacciare ero io», bisogna davvero chiedersi nel profondo chi, cosa, perché e come sia necessario cacciare dalla nostra percezione. Falsata, tra “negri” e “ultrà”, da una parte e dall’altra, da media, inculturazione, ciarpame sociale. (MB)
 

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