14 luglio 2016

Il povero Padrino

 
Ha senso tenere carcerato un uomo non più in grado di intendere e di volere? Dove finisce la giustizia e dove comincia la vendetta? Bernardo Provenzano, il "padrino" colpevole e mandante di dozzine di omicidi il giorno della sua morte viene "assolto". E perché?

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Come provare pietà per l’uomo che ha fatto ammazzare decine di uomini? Come perdonare chi ha seminato sangue, violenza, malavita? Bernardo Provenzano ha una storia nota, e poco interessa in questa sede. Interessa pensare, e riflettere, su come la morte possa in qualche modo mondare da ogni colpa. Se poi la morte è cerebrale, come accaduto a molti nazisti mai processati ai tempi e ritrovati sotto falsa identità o in altri continenti dopo decenni, ormai decrepiti, la scusante non ha appello. Questo, in fondo, quello che si è imputato alla giustizia italiana e alla 41bis fatta rispettare fino alla fine per il boss dei “pizzini”.
“Dopo la caduta nel carcere di Parma e l’intervento che ha subito, quattro anni fa, il 41 bis è stato applicato ai parenti e non a lui”, ha motivato la legale del capomafia corleonese, Rosalba Di Gregorio. Un po’ come dire che il boss andava “restituito” alle cure della famiglia e non dei due ospedali circondariali di Parma e poi Milano, che l’hanno avuto in cura. 
Già, perché in fondo che può fare un vecchio se non tenerezza? E se poi ci mettiamo qualche sindrome da senilità, poco eloquio, la narcolessia, è chiaro che più che un sanguinario il ritratto che se ne dà è quello di un poveretto in gabbia.
Vuol dire dunque che “accanirsi” (ma mica è stato maltrattato, anzi, curato degnamente) su un anziano – anche criminale – equivale alle stesse azioni rivolte ad un bambino? Un po’ differente, non trovate?
L’Unione delle Camere Penali Italiane nel commentare il decesso del feroce boss corleonese ha parlato di “vendetta di stato”, ovvero “la sconfitta del diritto in un Paese che, pur di dimostrarsi forte, ricorre a ingiustificati e ingiustificabili provvedimenti simbolici”, si legge nel documento dell’Ucpi.
E la giustizia, insomma, è sempre in difetto. Un po’ come nel “linguaggio” dei gesti mafiosi, dove vendetta e giustizia sono due parole assolutamente intercambiabili, dipende dai punti di vista. E da chi muore, ammazzato o meno. (MB)

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