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Parliamo di New York, ma in qualche modo la portata del fenomeno è ascrivibile a qualsiasi metropoli, da Londra a Parigi e forse persino Roma o Milano.
Che serve? Una periferia più o meno sciatta o post-industriale (in questo caso Red Hook), punta sulla baia dell’Hudson di Brooklyn, che abbiamo imparato a conoscere per il lavoro del bello spazio Pioner Works, che ospita anche la fiera 1.54, dedicata all’arte contemporanea africana.
Ora, con la holding Thor Equities, pare che in questa zona (completamente allagata da Sandy nel 2012, talmente tanto che era stata definita la nuova Tribeca dopo l’11 settembre) arrivi Norman Foster + Partners con un progetto finalizzato, spiegano, per creare un TAMI (acrononimo che in italiano suona come tecnologia, pubblicità, media e informazioni).
Portando, insomma, nuovo lavoro e nuovi inquilini da queste parti (nemmeno così degnamente collegate a Manhattan, in fatto di metropolitana). Sarà che, nonostante sia rimasto un porto mercantile, in questi anni tutto si è riscattatato grazie all’arrivo degli artisti che, oggi come oggi, si stimano essere oltre 150?
Di certo, l’opinione comune secondo quanto raccolto anche da The Art Newspaper è proprio questa, e forse non è un caso che qualcosa sia trainato anche dal trasloco da queste parti di Rob Pruitt e Urs Fischer, in tempi recenti, e dall’annuncio chei galleristi Dan Colen e Tony Shafrazi, così come il pittore David Salle, stiano progettando di trasferirsi qui.
Il ruolo svolto dagli artisti e dal mondo dell’arte nei processi di gentrification è assodato da tempo. Invito alla visione dell’inchiesta Gentrification Berlino realizzata nel 2008 dedicata appunto a questo tema. Su you tube.