24 luglio 2016

Cinque vertebre di Moby Dick vincono la terza edizione del Premio Henraux. Ecco l’opera di Daniele Guidugli, un monumento a più strati

 

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Idealmente un monumento per tre: da un lato a uno dei più grandi animali marini, la balena, dall’altro all’autore di Moby Dick, Melville, che proprio al terribile leviatano dedica le immortali pagine che ancora conosciamo, e infine un monumento all’idea di stessa di evocazione, di tributo.
Si tratta di Moby Dick (Vertebra), grande opera in marmo statuario che si classifica al primo posto nella terza edizione del “Premio Internazionale di Scultura Fondazione Henraux, in memoria di Erminio Cidonio”, firmata dallo scultore Daniele Guidugli.
«Ho immaginato che il bianco statuario e Moby Dick fossero la stessa cosa. Come in Melville, l’uomo è sempre a caccia del bianco, del suo bianco. Noi scultori, pur nella drammaticità, a volte, di questa “caccia”, cerchiamo il bianco sempre più bianco, perfetto e candido», spiega l’artista.
Cinque grandi vertebre affiancate, creare anche per suscitare nello spettatore una profonda riflessione sul mondo e su ciò di cui il mondo è composto, sia che si scopra integro o frammentato.
E sulla dicotomia tra peso e leggerezza, gonfio e sgonfio, gioca Il canotto di Kim de Ruysscher, lavorato partendo da un blocco di marmo di 27 tonnellate. «Mi piace immaginare il pensiero dello spettatore davanti alla mia opera che, da una parte riconosce l’oggetto, dall’altra ne disconosce la materia», dice l’artista belga, che si prende per l’occasione il secondo posto in classifica.
Terzo sul podio invece Mat Chivers con Newave, ovvero una nuova onda ma spezzata, il frammento stesso di un’onda: «Si tratta del tentativo di tradurre in pietra il movimento del moto infinito e sfuggente del mare, anche in direzioni diverse. L’opera, che invece durerà a lungo, è una congiunzione di opposti, la relazione fra qualcosa che non accadrà mai più e un oggetto che permarrà per sempre», spiega Chivers.
Così come resterà per sempre impresso nel marmo anche un’attitudine e la descrizione di un’epoca: la giuria ha identificato, infatti, una sorta di connessione fra le tre sculture finaliste, puntualizzando come le opere di questa edizione si leghino ad un tema di grande attualità: il dramma dell’immigrazione, a quello “spiaggiamento” continuo di essere umani alla ricerca di un futuro. Se non altro, in parte, la scultura è in grado di raccontarci questo presente. 
 

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