27 luglio 2016

Dentro il concorsone

 
Beni Culturali e quiz: si gioca la partita per i 500 posti a tempo indeterminato indetti dal MiBACT, e abbiamo dato un'occhiata alle modalità di selezione. Spesso sorridendo, e piuttosto amaramente.

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Si sono aperte ieri le prove preselettive per il concorsone di 500 posti al MiBACT, voluto dal ministro Franceschini (voluto per forza di cose: tra pensionamenti e morti di vecchiaia il Ministero rischiava di restare vuoto!) che proseguiranno sino al 4 agosto. 
Mike (Bongiorno), pace all’anima sua, sarebbe stato molto orgoglioso del concorso MiBACT.
Se fosse vivo, probabilmente guarderebbe soddisfatto ai quiz con cui in questi giorni si stanno confrontando circa 20mila candidati archeologi, archivisti, architetti, storici dell’arte, antropologi, restauratori, bibliotecari, e altre figure professionali che diventeranno il motore del Ministero dei Beni Culturali. Ne leggerebbe qualcuno – ci piace immaginare – sorriderebbe, e forse, levandosi gli occhiali, esclamerebbe il suo inconfondibile «Allegria!», conscio all’improvviso di essere stato in qualche modo importante per la cultura italiana.
Di fatti, i circa 2mila e 500 candidati che passeranno alle fasi successive del concorso dovranno aver risposto correttamente in 45 minuti a 80 quiz (scelti in una banca dati di circa 5000), che nulla hanno da invidiare a quelli dei gloriosi tempi del Rischiatutto. Tralasciando i quiz di diritto (ahimè la bestia nera, chiaramente, di chi ha studiato una vita materie umanistiche) e quelli di inglese, è divertente soffermarsi su quelli riguardanti le materie artistiche. Spesso svogliati collage di frasi prese da Wikipedia, a volte minuziosi quesiti sulla esatta collocazione o datazione della natura morta dipinta da qualche oscuro maestro olandese del ‘600.
C’è di tutto. Dai quiz naif, e leggermente surreali, su cosa rappresenti la Pietà di Michelangelo o di che materiale siano i bronzi di Riace, a quelli rancorosi per un prestito negato forse, come “Quale di queste opere di Caravaggio non venne esposta nel 1995-6 ai Musei Capitolini alla Mostra “La Natura morta ai tempi di Caravaggio” ?
A: Canestra di frutta della Pinacoteca Ambrosiana di Milano.
B: Bacchino malato della Galleria Borghese di Roma.
C: Ragazzo morso dal ramarro della Fondazione Longhi di Firenze.
Fino a inquietanti e patologiche ricorrenze ossessive di un argomento, come la Villa Pisani di Stra, su cui vertono decine e decine di quiz.
Viene da chiedersi chi abbia creato questi quiz, e come, e se fossero veramente persone qualificate.
Le polemiche (e i ricorsi) fioccano come neve a gennaio, nemmeno a dirlo.
Da una parte la rivalità tra chi ha il dottorato e chi ha il diploma di specializzazione, requisiti equiparati dal bando, ma in realtà titoli di formazione molto diversi, essendo l’uno finalizzato alla carriera accademica e l’altro a quella ministeriale.
Dall’altra, i quiz sui beni culturali trattano prevalentemente argomenti di arte, pochi di archeologia o architettura (e ridicoli, come che cos’è un abside), e nessuno di archivistica per esempio, creando delle serie disparità tra le categorie che affronteranno gli stessi quiz.
Del famigerato argomento “arte contemporanea” tra i test? Nemmeno l’ombra. Anzi no, ecco la domanda che più si avvicina al nostro presente, se si esclude qualche nozione su Guttuso e Burri: “Come è raffigurato Lucio Dalla nella scultura di Carmine Susinni esposta ad Expo”:
A: In piedi con un clarinetto
B: Sta parlando con un gatto
C: Seduto su una panchina.
La soluzione è così avvincente che non ve la forniamo, scopritelo voi!
Infine, annosa questione, è giusto che professionisti che hanno studiato 10-20 anni vengano valutati con questo metodo nozionistico, in cui tutto si risolve a una corsa nel memorizzare in una manciata di giorni quiz e risposte prontamente pubblicati dal Ministero?
La verità, forse, è che la formazione e selezione dei quadri ministeriali  che dovranno gestire qualcosa così importante, soprattutto per noi italiani, come i beni culturali, andrebbero curate e pianificate meglio, con molto anticipo, fin dalle università, e in modo meno raffazzonato. Perché non stiamo giocando a Rischiatutto.

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