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Sarà anche in crisi, lascerà anche la Tate, ma la British Petroleum non molla il colpo in fatto di sponsorizzazioni alla cultura, alimentando di nuovo le polemiche degli ambientalisti. Stavolta il gigante dell’oro nero ha annunciato che investirà 7 milioni e mezzo di sterline nell’arco dei prossimi 5 anni, per quattro istituzioni del Regno Unito: il British Museum, la National Portrait Gallery, la Royal Opera House e la Royal Shakespeare Company.
“L’idea che queste istituzioni staranno ancora promuovendo una compagnia petrolifera nel 2020 è profondamente irresponsabile”, ha riportato il gruppo ambientalista BP or Not BP in un comunicato, mentre per Anna Galkina, responsabile del gruppo antipetrolio Platform, la cosa va sul piano più pratico oltre che etico: «Le sponsorizzazioni della BP sono meno dello 0,5 per cento del bilancio del British Museum. Ma con questi pochi soldi BP acquista legittimità, l’accesso a spazi pubblicitari preziosi, e maschera con la cultura la sua responsabilità nel distruggere le terre indigene, il nostro clima, e l’armare le dittature».
Decisamente condivisibile. Come del resto la posizione del diretto del British Hartwig Fischer: «BP ha sostenuto il museo negli ultimi 20 anni, che ha consentito di ospitare magnifiche mostre ed eventi con una grande affluenza di pubblico”.
Contenti o no, per un altro lustro i giochi saranno fatti.