05 agosto 2016

C’è qualcosa di nuovo nel museo

 
La vecchia GNAM, ora La Galleria Nazionale, propone un’anteprima della riapertura prevista a ottobre. Con qualche dubbio e molti soldi. In attesa di vederla interamente riallestita

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Nel 1941 Palma Bucarelli, classe 1910, una giovanissima laureata in Lettere all’Università di Roma ‘La Sapienza’, allieva di Adolfo Venturi e Pietro Toesca, già affidata alla Galleria Borghese alla sola età di 23 anni dopo aver vinto il concorso del Ministero dei Beni Culturali, assumeva la direzione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna della Capitale. Intellettuale raffinata e impegnata, la Bucarelli segnò una fase di fondamentale rivoluzione culturale e apertura al mondo dell’arte a lei contemporaneo, tra l’impegno per salvaguardare i beni della Galleria durante la Seconda Guerra mondiale, all’interesse nei confronti dell’Astrattismo e Nuovo Realismo – basti pensare, un esempio per tutti, all’acquisizione del Grande Sacco di Alberto Burri, per il quale nel 1959 organizzò una grande mostra fortemente osteggiata dalla critica per il suo assetto del tutto non convenzionale.  Artefice di un nuovo ripensamento degli spazi e della collezione secondo criteri museografici moderni, la nuova direttrice trasformò lo spazio della Galleria in un cuore pulsante per la città, dove l’attenzione non fosse volta solo all’arte e ai suoi artisti, ma anche alla relazione con il pubblico – di addetti ai lavori e non. La prima a introdurre un’attività didattica museale, nel 1946, che permettesse ai visitatori di interagire con le opere, si rese conto di quanto l’interesse del pubblico per la cultura potesse creare un circolo virtuoso di attività, arricchimento, altresì di indotto economico alle istituzioni museali particolarmente bisognose di fondi da investire nell’ampliamento delle proprie collezioni.  Anche negli anni che seguirono la sua trentennale esperienza alla direzione del Museo, la GNAM è sempre stata legata indissolubilmente alla figura di Bucarelli, come pietra miliare di un cambiamento messo in atto e perpetuato nel tempo.
Hiroshi Sugimoto, The lasting
È quella rivoluzione che viene in mente stando a guardare le prime mosse messe in atto dalla neo-direttrice Cristiana Collu che, forte di un cospicuo rifinanziamento degno di un museo del genere e in attesa di presentare al pubblico gli ambienti e la collezione completamente rinnovati, riapre la GNAM con tante premesse che sanno di novità.
Innanzitutto un nuovo nome – La Galleria Nazionale, e già su questa sottolineatura si potrebbero spendere parole – e un nuovo logo, che accompagnano la nascita di un nuovo sito, completamente riqualificato nel layout, nella leggibilità e nell’assetto complessivo di accesso alle informazioni. 
A seguire, un nuovo ingresso che sostituisce, con non poche polemiche, la grande installazione di Alfredo Pirri, per lasciare spazio a un punto di incontro, riposo e attesa dove appena prima, per la cura del designer Marti Guizé, è stato allestito il nuovo bookshop e un punto-caffè, elementi un po’ troppo cheap e che strizzano l’occhio a soluzioni giovanilistiche, abbastanza in contrasto con il bel salotto che introduce agli spazi espositivi veri e propri. Oltre a questo, la nuova offerta culturale del museo mira a far riprendere i lavori nell’Ala Cosenza, per la quale miracolosamente oggi sono arrivati 15 milioni di euro, e a creare un ponte con il MAXXI, a partire da un nuovo biglietto integrato tra i due Musei, dunque a rafforzare il legame fondamentale tra due collezioni senza soluzione di continuità, che possano essere in grado di arricchirsi e alimentarsi vicendevolmente.
The Lasting, Antonio Fiorentino
Prima della riapertura del 10 ottobre prossimo, al momento è in corso una mostra a cura di Saretto Cincinelli, “The Lasting”, che vorrebbe introdurre le idee del nuovo allestimento e che indaga il concetto di tempo, facendo interagire artisti contemporanei  (Francis Alÿs, Antony Gormley, Barbara Probst, Hiroshi Sugimoto, Andrea Santarlasci, Franco Vimercati, accanto ad artisti di più recente generazione come Giorgio Andreotta Calò, Emanuele Becheri, Antonio Catelani, Giulia Cenci, Daniela De Lorenzo, Antonio Fiorentino, Marie Lund, Elizabeth McAlpine, Alessandro Piangiamore, Tatiana Trouvé) con i grandi capolavori della collezione (Alexander Calder, Lucio Fontana, Medardo Rosso), sapendo sfruttare i meravigliosi spazi esterni con le sue sculture. “The Lasting”, ben allestita e leggibile, ci è parsa però un po’ troppo sbilanciata sulle frequentazioni toscane del curatore toscano e che, quanto a visibilità, premia eccessivamente alcuni artisti.
La nuova Galleria Nazionale è, come dice la direttrice stessa, privata di quella patina opaca e di quei substrati architettonici frutto dei diversi ripensamenti allestitivi degli ultimi anni. Patina probabilmente pesante –  completamente scomparsa dietro il bianco asettico della Sala 1 che prende le sembianze di quegli spazi di galleria privata cui si è abituati frequentando il mondo dell’arte contemporanea e che viene riempita con nomi abbastanza noti nel contesto odierno – ma sicuramente caratteristica di una certa immagine che dell’ex GNAM (difficile, almeno per ora, abbandonare il vecchio acronimo e abituarsi al nuovo nome) si è sempre avuta.
Nell’intervallo, in quell’attesa che separa dalla fine dell’estate, l’energia e la volontà sembrano esserci e anche quell’aria di rivoluzione che da tempo mancava e che è finalmente favorita da un rifinanziamento (che mancava da molto tempo), segnale – speriamo di non sbagliarci – di una diversa sensibilità politica, soprattutto verso i musei. 
Dopodiché, attendiamo la futura riapertura per esprimere un giudizio fondato sull’esito di questa nuova sfida.
Alessandra Caldarelli

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