07 settembre 2016

“Siamo tutti Banksy”

 
E se Banksy fosse un'organizzazione? Se fosse una congrega "massonica" per disturbare un poco il mondo a suon di graffiti, con una sorta di brandizzazione di stencil e stili da una parte all'altra dell'Atlantico e non solo? Ipotesi affascinanti per il giallo più divertente del mondo dell'arte. Che ha l'ennesima smentita.

di

Robert Del Naja, fondatore dei Massive Attack, dal palco di Bristol ha citato Mark Twain: «Le voci sulla mia identità sono decisamente esagerate. Ma sarebbe una buona storia. Ad ogni modo siamo tutti Banksy». La risposta è al giornalista scozzese Craig Williams, che se ne è uscito con una serie di dati incrociati tra graffiti e concerti e ha gridato che dietro l’artista si nasconde il cantante e viceversa. 
Magari la teoria è giusta, visto che da Bristol – che è poi anche la città dichiarata del misterioso Signore dello stencil – luogo dove si teneva il concerto non sono affiorati nuovi muri “pittati”, ma va da se che solo un fesso avrebbe dato corpo a quelle che, ancora, sembrano solo ipotesi.
E, come avevamo già scritto, ci auguriamo che restino tali, visto che Banksy ci piace così, misterioso e imprendibile, e forse davvero unica vera rete del mondo dell’arte, movimento-network, possibilità internazionale per un unico codice, che è poi quello della guerra alla guerra, alla stupidità e alla cecità politica, ai fatti quotidiani.
E se Del Naja fosse Banksy? Sarebbe cool. E sarebbe semplicemente uno degli artisti più venerati del pianeta nel corpo di uno dei musicisti più intriganti della storia del genere “trip hop”.
Tutto il resto sono teorie che hanno quasi del complottistico, e che forse aggiungono solo un po’ di pepe a una storia che non ha bisogno di sapore. (MB)

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