22 settembre 2016

“Viva Arte Viva”: la direttrice Christine Macel, e il Presidente Paolo Baratta, presentano la Biennale Arte 2017

 

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“Viva Arte Viva” è il titolo della Biennale Arte 2017. La curatrice della 57esima Biennale Internazionale di Arti Visive (sopra) Christine Macel, guarda all’arte come il luogo per i sogni e le utopie, per le relazioni fra esseri umani, natura, universo, senza escludere la dimensione metafisica della spiritualità.
Un luogo privilegiato e che merita di essere protetto, messo in luce, esplorato, perché rappresenta l’ultimo baluardo nei confronti dell’individualismo, della gara al consumo, all’indifferenza reciproca verso gli altri, verso il sé e verso il mondo. L’arte dunque è il luogo della formazione della soggettività individuale che diventa immaginario collettivo e inventa mondi,è il luogo fisico e immaginario insieme del sì alla vita e, per chi ha fede, alla divinità.
Per questo, Christine Macel ha scelto una esclamazione, “Viva Arte Viva”, come augurio alla figura dell’artista, senza il quale non si dà arte, alla sua forma di vita strettamente legata all’OTIUM, come opposta al NEGOTIUM. Se in francese Otium è quasi sinonimo di pigrizia come opposto al Travail, allora il tema è rimettere al centro il valore del tempo per sé. Rispondendo a chi vede in questo atteggiamento di virare all’utopia una manovra diversiva e di disimpegno, Baratta chiosa, in una società dei consumi e tutta dedita alla produttività e all’efficienza, l’Otium ha un valore altissimo. 
Paolo Baratta ha spiegato l’importanza di questa virata sul sogno e sulla generosità della creatività artistica come risposta precisa e come via di uscita dal manierismo dell’ansia generato dalla Biennale di Enwezor, “All the World’s Futures”, il cui tema era proprio comprendere in quale misura la pratica artistica riflettesse alla condizione esistenziale della società dell’ansia. Christine Macel riporta a fuoco l’importanza della libertà vitale e della generosità della creatività artistica nel mondo in cui viviamo. La Biennale, dice Baratta, ha esattamente il compito di offrire lo spazio perché il mondo creda alla potenza dell’immaginario, e si renda conto della necessità di uno spazio condiviso di generosità e di libertà. Sarà infine anche la mostra della massima inclusione possibile del pubblico nella produzione dell’arte, più che nel suo consumo. Per questo il programma è stato strutturato anche in nuovi spazi all’Arsenale, allestiti con usi inediti. In particolare, ogni sabato sarà possibile mangiare e discutere a tavola con un artista diverso, per tutti i sei mesi della mostra. “Open Tables” sarà il nome della sezione.
La Biennale dedicata alle forme di vita artistica, “Viva Arte Viva”, si svilupperà dunque lungo 12 stanze più in atrio e una sala conviviale. Le stanze proporranno allo spettatore un viaggio dalla formazione della soggettività, all’esplorazione delle cose ultime e dell’infinito, e saranno immaginate come 12 capitoli di un romanzo, non come parti di un saggio.  Le stanze seguiranno un percorso proprio di finzione, di invenzione del mondo in forma di arte. Il sogno, quindi, non avrà la funzione di essere un luogo surreale e rivelatore, come per Bréton e come era stato inteso da Gioni nella sua stanza dedicata al libro rosso di Jung, ma proprio di inventare e proporre visioni, reali in quanto utopiche. Le età degli artisti saranno disparate, la scelta non ha seguito criteri di mercato, sarà importante la compresenza di artisti di estrazione geografica differente, dagli Inhuit agli Europei, includendo la Russia, con America Latina, Estremo e Medio Oriente, con diversi gradi di notorietà.
Una sintesi di queste stanze sarà proposta sul sito della Biennale, dove gli artisti sono stati invitati a postare un video-manifesto del proprio fare arte, oltre che in una sezione dedicata all’interno della mostra, Artist’s Practices Project. Il curatore, quindi, non inventa l’artista, ma solo, come un bibliotecario, aiuta l’artista a configurare e disporre la propria biblioteca, e aiuta chi voglia cercare il libro che gli interessi. Infatti, citando un saggio di Walter Benjamin chiamato Unpacking my library, una delle sezioni della mostra sarà dedicata alle biblioteche degli artisti, che saranno invitati a catalogare le proprie letture e le liste saranno sia nel catalogo che nella mostra. 
Quali saranno i temi dei dodici capitoli, sarà la prossima rivelazione. “Viva Arte Viva”, allora, sabato 13 maggio 2017. (Irene Guida)

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