26 settembre 2016

Assange, amore a cinque stelle

 
Contro la "stampa corrotta", e in barba a chi li vuole sull'orlo del baratro: chissà se la rimonta dei Cinque Stelle sarà anche merito del fondatore di Wikileaks

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La stampa estera, dal Wall Street Journal al New York Times, li ha definiti – implicitamente – una banda di personaggi dal curriculum dubbio, ma quel che è peggio poco organizzati. Il tema è la gestione di Roma, e “loro” sono il Movimento 5 Stelle. 
Chissà se ora, però, che a schierarsi a favore del gruppo capitanato da Beppe Grillo, è stato niente meno che Julian Assange, l’uomo di Wikileaks, le sorti potranno risollevarsi, almeno moralmente.
Assange ha parlato da Londra, dall’ambasciata dell’Ecuador dove è rinchiuso da sei anni, alla convention “Italia 5 stelle” a Palermo. 
Il tema? Stavolta è la “stampa corrotta”, a cui Assange si rivolge così: «Le menzogne pubblicate dalla stampa provocano le guerre. Credo che ogni giornalista sia responsabile di almeno 10 morti». 
La battaglia, insomma, è in nome della trasparenza dei media, che in realtà non è un problema solamente politico, ma anche di cronaca, di opinione, fino al life-style.
Dal 2013, in realtà, il Movimento ha sposato la causa dell’australiano, «Perché con lui condividiamo le battaglie per la libera circolazione delle notizie e per la libertà di stampa, diritti che aumentano il livello di consapevolezza dei cittadini. Nascondere le informazioni è uno dei tanti modi che i potenti hanno per accrescere il proprio potere personale».
Ma proprio perché la stampa dovrebbe essere corretta e libera, così come la libertà di opinione, viene da riflettere su questi due “combattenti” innamorati l’uno dell’altro evidentemente, attitudine che si evince dalle parole che Julian rivolge a Beppe: «Ho visto il Partito pirata di Berlino: le interazioni tra le piattaforme di democrazia diretta e le dinamiche politiche e sociali sono state un disastro totale. Il movimento di Beppe Grillo ha qualcosa di veramente importante che il Partito pirata di Berlino non ha: ha Beppe Grillo. La leadership non è solo data dal leader che ha una qualche visione del futuro e che è capace si mettere le cose insieme. La leadership ruota intorno al fatto che, se le cose vanno male, chi è che deve assumersene la responsabilità? Se il partito è strutturato in modo tale che nessuno è responsabile dei fallimenti, allora, ovviamente, ci saranno fallimenti ogni volta». Totalmente ad personam, insomma. E destinato a finire con il “mitico” Beppe. E per le idee? Servirà un altro Grillo. Campa cavallo. (MB)

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