15 ottobre 2016

Fino al 17.X.2016 Jacopo di Cera, Fino alla fine del mare PAN, Napoli

 

di

“Siamo tutti stranieri, siamo tutti in cerca di salvezza, siamo tutti sulla terra di qualcun altro”. 
Ieri le Langhe, oggi Lampedusa, con una differenza però: qui gli sbarchi di Lampedusa non raccontano l’emigrazione invisibile e silente come quella delle Langhe (raccontata da Lou Palanca in “Ti ho vista che ridevi”) ma fanno sentire a gran voce, urlando la storia di un’emigrazione salvifica solo raramente, come testimoniata dal romanzo. La Sicilia, l’Italia o l’Europa del nord diventano l’approdo, la terra dove donne e uomini hanno trovato una vita e come le protagoniste del romanzo, ci si sono arrampicate sopra. Arrampicarsi sopra un gommone, o un salvagente per non perdere almeno la vita. Attaccarsi a un barcone con tutte le forze, attaccarsi per non scivolare dalla barca e cadere in acqua. Ecco il lavoro di Jacopo di Cera, in mostra al PAN di Napoli, è fatto con le stesse tavole di legno, la maggior parte dei suoi oggetti sono relitti del cimitero delle barche di Lampedusa.
Jacopo di Cera, Viaggio 1, fino alla fine del mare
I frammenti di legno però sono coloratissimi, matissiani, ritorna spesso il Blue Klein. A volte le tavole sono ripartite in due, tre strati di colore come dei Rothko e qualche volta diventano dei veri cretti per via dell’increspatura che lascia il sale marino, spaccando la superficie del quadro. Al contrario dei tg che tarlano i nostri occhi di morte, qui non c’è nulla di funereo e ciononostante nulla di inventato anzi, le sue sono fotografie, documenti reali plasmati in pittura astratta, armoniosa, con un effetto visivo emozionante. Non c’è la volgarità di esporre il dolore, non lo impiega per manipolarlo ad hoc per l’ennesima rappresentazione tragica. Le tavole c’erano già, arrivano dal tempio di morte sulla spiaggia di Lampedusa ma Jacopo ne ha tratto il bello, ne ha cristallizzato la luce con la resina, il lucido, restituendogli quell’effetto bagnato delle gocce d’acqua fortemente percettibile anche al tatto.
Toccante, vibrante, fisico, sonoro (nella prima sala ci sono le barchette di carta sospese con un sottofondo musicale) il lavoro di Jacopo di Cera è un progetto itinerante anzi, “migrante” che ha già “chiesto asilo” alle città di Arles, Roma,Cagliari, Capri e tornerà per chiudere il cerchio proprio a Lampedusa.
“Fino alla fine del mare”, curato da Auronda Scalera, insomma è un viaggio metaforico che si compone di trenta immagini stampate in alta definizione. Forse fotografa un viaggio per molti senza ritorno ma è pur sempre un viaggio omerico. Le sezioni infatti portano il nome di sei parole chiave estratte dall’Odissea di Omero: il viaggio, l’isola, il legame, la lotta, la salvezza, il ritorno. Se è vero che sono sempre gli altri a salvarci, in fondo, a ben vedere “siamo tutti in attesa dell’invasione che ci salverà e ci porterà la soluzione che da soli non sappiamo inventare”, una soluzione, una salvezza che forse solo Jacopo ha saputo trovare.
Anna de Fazio Siciliano
mostra visitata il 21 settembre 
Dal 22 settembre 2016 al 17 ottobre 2016
Fino alla fine del mare
PAN Palazzo della Arti di Napoli
Via dei Mille, 60
Info:pan@comune.napoli.it

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