15 novembre 2016

Biennale Arte 2017: Giorgio Andreotta Calò, Roberto Cuoghi e Adelita Husni-Bey: ecco gli artisti del Padiglione Italia

 

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Stavolta non abbiamo dovuto invocare per avere nomi; stavolta gli artisti non avranno i giorni contati per preparare la mostra; stavolta il Padiglione Italia, almeno nei tempi, sembra esserci come tutti gli altri Paesi che alla spicciolata stanno comunicando i loro rappresentanti. 
I progetti di Giorgio Andreotta Calò, Roberto Cuoghi e Adelita Husni-Bey, gli artisti selezionati dalla curatrice Cecilia Alemani e annunciati oggi, presenteranno i loro progetti nei primi mesi del 2017 in una conferenza stampa dedicata, ma intanto – appunto – i nomi sono arrivati.
«Ho scelto di invitare un numero ridotto di artisti rispetto al passato per allineare il Padiglione Italia agli altri padiglioni nazionali presenti in Biennale. Per questo il mio progetto non cerca di rappresentare uno sguardo completo su tutta l’arte italiana: piuttosto vuole guardare in profondità al lavoro di tre artisti – voci originali che si sono distinte e imposte negli ultimi anni – dando loro spazio, tempo e risorse per presentare un grande progetto ambizioso che costituisca un’occasione imperdibile nella loro carriera e che possa presentare al pubblico un’opportunità di immergersi nella mente e nel mondo degli artisti», sono le parole di Alemani, su questo primo step.
Due generazioni a confronto, insomma, dalla promessa Husni-Bey, recente vincitrice del Premio illy alla Quadriennale, al lavoro più affermato di Cuoghi (già in apertura al “Palazzo Enciclopedico”, passando per Andreotta Calò, pochi giorni fa insignito del Mutina “This is not a Prize” ad Artissima, presentato dalla Sprovieri di Londra.
“Cecilia Alemani è persona di grande competenza ed esperienza internazionale e il suo progetto per il Padiglione Italia è ambizioso e molto innovativo” sottolinea il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini.
E sui tempi “accorciati” dice la sua anche Federica Galloni, Direttrice Generale del Dipartimento Arte e Architetture Contemporanee e Periferie Urbane del Mibact: «La scelta di annunciare gli artisti con anticipo rispetto alle precedenti edizioni sottolinea e rafforza il nuovo corso intrapreso dal Ministero nella gestione delle procedure». Un po’ come la scelta di annunciare la curatela con oltre un anno di anticipo rispetto alla data dell’opening, e le indicazioni sul numero limitato di partecipazioni, per evitare i minestroni che ben ricordiamo da diversi anni a questa parte. «Siamo particolarmente orgogliosi del percorso intrapreso in vista dell’appuntamento del 2017, consapevoli del fatto che organizzare la presenza dell’Italia secondo tempistiche e modalità corrette e rispettose del ruolo e del lavoro di tutti non può che contribuire in modo positivo alla definizione di un’identità nazionale nel contemporaneo», ha ricordato – non a torto – Galloni. Aggiornamenti in corso. E d’accordo o meno con le scelte, un buona menzione va davvero alle modalità di esecuzione. 

2 Commenti

  1. Speravo che Cecilia Alemani avesse più coraggio, ma per ora son molto perplesso, la distanza non ha permesso uno sguardo distaccato, hanno prevalso certe banalità di sistema, peccato

  2. Robero Cuoghi, Giorgio Andreotta Calò e Adelita Husni Bay che con questo nome fa veramente figo invitare. Bene. Anche questa volta non siamo riusciti a esprimere un solo nome come fanno la maggior parte dei padiglioni nazionali. Paura? Mediocrità? Ma se c’è mediocrità c’è un problema. Bene. La curatrice ha scelto tre generazioni, vicine anche alla Galleria Zero e alla Dakis collection (fil rouge con Gioni e Cattelan). Niente di male. Bisogna capire se il Padiglione Italia alla Biennale deve fotografare gli ultimi due anni della scena italiana o se deve essere il “The Best of” del curatore di turno (il the best of del SUO armadio). Io credo la prima. Ma ammettiamo che non sia così o che possa essere una via di mezzo. Giorgio Andreottà Calò vanta già una partecipazione alla Biennale con un lavoro che rendeva fastidiosamente didascaliche pratiche anni 60 alla Richard Long (giorgio che racconta in filo diffusione il suo viaggio tra amsterdam e venezia a piedi….). Poi da almeno 5-6 anni propone la stessa opere, quasi sempre opere materiche, corrose. Quasi reperti archeologici, anche lui “Giovane Indiana Jones” costretto ad una retorica passatista per essere accettato da un mondo/collezionismo per vecchi. Sindrome pericolosissima che rende lui e tanti epigoni dei “giovani vecchi”. Roberto Cuoghi resiste dagli anni 90 per via delle pubbliche relazione di Dakis/Gioni/Cattelan…e ha proposto alla biennale del 2013, curata da Gioni marito della Cecilia Alemani, un lavoro che potrebbe essere di Giorgio Andreottà Calò (un catafalco materico sullo stratificare del tempo….come le clessidre corrose di Calò….). Ma dopo il 2013 francamente il lavoro di Cuoghi sembra inabissato…Arriviamo alla giovane ragazza che è cresciuta tra UK, Italia e Libano….già solo per questo potrebbe mettere nel padiglione qualsiasi cosa e andrebbe benissimo. Ma lei invece lavora sulle etichette sociali. Sui comportamenti televisivi , su i comportamenti dei politici e di altre categorie…e su quanto questo sia importante e influenzi il mondo (concetti che ho letto in libri degli anni 50 post liberazione da parte degli angloamericani). Ma li rappresenta, ossia rappresenta come le rappresentazioni siano incidenti….anche all’ultimo premio maxxi ha creato un teatrino dove inscenare il tipico talk show, il tipico X, il tipico Y. Non so. Due artisti più maturi, in ombra e similari e una giovane che non convince. Per la vittoria del premio quadriennale under 35 è apparsa estremamente ingessata, quasi didattica e didascalica nella sua collaborazione con un liceo della capitale. Insomma non si capisce, forse l’unica strada con questa short list sarebbe stata scegliere un solo artista. Almeno si poteva tentare qualcosa di immersivo

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