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Ormai è diventato lo sport nazionale dei ricchi americani, degli artisti, e degli architetti – in questo caso. Già, perché la lista di chi vuola lasciare gli Stati Uniti, dopo l’elezione di Trump, oggi si allunga del nome di Frank Gehry, archistar di origini canadesi di 87 anni, che avrebbe già avuto dal Premier francese Hollande la “parola d’onore” per ottenere un auto-esilio all’ombra della Tour Eiffel.
Perché l’uomo che ha creato, tra gli altri, il Guggenheim di Bilbao e la Fondation Louis Vuitton, Premio Pritzker nel 1989, vorrebbe andarsene?
Ecco la spiegazione: “La maggior parte degli edifici costruiti nel mondo non sono interessanti. E la gente non se ne preoccupa. Sembrano tutti essere in uno stato di diniego. È lo stesso tipo di comportamento ha permesso eleggere Donald Trump”. Certo, una metafora, ma che calza a pennello, se si pensa anche alle vecchie controversie dell’archistar con il nuovo Presidente: quando nel 2010 la Torre Beekman a Manhattan, progetto di Gehry, superò il Palazzo Trump diventando l’edificio residenziale più alto di New York, ci fu un contenzioso e se mettiamo in relazione il dibattito estivo sulla virilità di Trump che ha imperversato sul web, forse è davvero evidente che quei pochi centimetri fecero davvero male al Presidente. Vedremo ora davvero se qualcuno di questi personaggi lascerà sul serio l’America.
Nelle foto: Frank Gehry al Centre Pompidou – Parigi, 2014. Foto Lionel Bonaventura / AFP / Getty Images