22 novembre 2016

Spirituale e terreno, ecco Kishio Suga

 
I grandi spazi dell’HangarBicocca sono occupati da cinquant'anni di installazioni. Nella prima retrospettiva dell’artista fuori dal Giappone

di

Il gruppo Mono-ha nasce in Giappone negli anni Sessanta. Si sviluppa nel breve periodo che va dal 1968 al 1972 attraverso il lavoro degli artisti Nobuo Sekine, Lee Ufan, Koji Enokura, Katsuro Yoshida, Noboru Takayama, Noriyuki Haraguchi, Katsuhiko Narita, Susumu Koshimizu, Jiro Takamatsu e Kishio Suga (Morioka, Giappone, 1944). Il gruppo merita attenzione particolare alla luce del suo accostamento ad aspetti tematici e formali appartenuti all’Arte Povera, alla Post-Minimal Art e alla Land Art. Parliamo di legno, carta, corda, cemento, vetro, acqua, paraffina, pietre che combinati insieme creano cosmogonie temporanee all’interno delle quali gli elementi del mondo industriale e del mondo naturale interagiscono senza che l’artista eserciti un cambiamento su di essi, ma anzi volendo evidenziare forse l’aspetto più interessante: la relazione con lo spazio interno ed esterno, in una costante riconsiderazione del rapporto tra arte, uomo, materia e luogo. 
Gli oggetti sono lasciati esposti nella forma in cui sono pervenuti all’artista. Questa prassi, rintracciabile anche nella mostra “Situations” che attualmente impegna Kishio Suga all’HangarBicocca di Milano (a cura di Yuko Hasegawa e Vicente Todoli), permette al pubblico di scoprire nuove modalità di osservazione dell’opera e del mondo circostante. La disposizione transitoria dei materiali e il gesto, puramente di sistemazione e collocazione degli elementi, rendono l’artista una presenza che rispetta e asseconda in maniera essenziale l’ambiente circostante e la sua configurazione. 
Durante gli anni di studio alla Tama University di Tokyo, Kishio Suga inizia ad interrogarsi su quale sia la reale necessità di conferire espressività all’opera d’arte; il risultato di tanto interrogarsi spingerà l’artista ad abbandonare aspetti scenografici all’interno del suo lavoro a favore appunto di una maggiore naturalità tra gli elementi e lo spazio, permettendo loro di esaltarsi vicendevolmente.
Kishio Suga, Situations, vista della mostra
Kishio Suga è una figura centrale dell’arte contemporanea internazionale e le opere presenti in mostra sono state pensate o riadattate per lo spazio interno delle Navate di Hangar Bicocca. Infatti l’artista non propone un semplice rifacimento di lavori precedenti, piuttosto decide di rielaborarli. All’entrata siamo accolti da Critical Section (Setsu no rinkai), 1984/2016, una lunga struttura di tessuti intrecciati e intervallati da rami che dal pavimento raggiunge il soffitto. L’artista, che aveva concepito questo lavoro per il Museum of Modern Art di Toyama nel 1984, crea qui, come per le altre installazioni presenti, una “situazione” (jōkyō), in cui vengono messi in evidenza i legami esistenziali tra i diversi materiali che compongono l’opera e lo spazio circostante. Assume un ruolo centrale il concetto di interdipendenza tra oggetti (mono) differenti, come modalità per creare un’unica entità che permette al visitatore da una parte di osservare nella sua interezza l’ambiente circostante – dall’alto al basso – dall’altra di percepire uno spazio non-visibile, generato dalla presenza dell’opera d’arte. 
Kishio Suga, Situations, vista della mostra
Una delle installazioni più toccanti è Contorted Positioning (Kyokui), 1982/2016. Suga collega diverse travi di legno basandosi sull’angolazione di rami biforcati, collocati sulla sommità e sul bordo di ogni trave. L’installazione si sviluppa così in direzioni differenti e divergenti nello spazio espositivo, formando una serie di angoli secondo un sistema che parte dalle caratteristiche fisiche dei materiali utilizzati. Quest’opera ci trasporta in una dimensione di consapevolezza: attraverso di essa comprendiamo il nostro rapporto con l’Universo tutto.
I materiali che costituiscono le opere, i processi di trasformazione della materia e il confronto tra le proprietà fisiche dei materiali sono quindi il nucleo fondamentale attraverso cui comprendere la pratica di questo artista, e il legame che va a creare con lo spazio fortemente industriale delle Navate dell’HangarBicocca. Infatti Soft Concreet 1970/2016, composta da lastre di metallo e da ghiaia ricoperta di cemento morbido, è un’opera mobile e mutante per via del cemento che necessita di più di un anno di tempo per solidificarsi. E allora possiamo scorgere come il contenitore di HangarBicocca diventi, con il suo atteggiamento statico ma di ampio respiro, il confine spaziale che permette la lettura delle singole opere ma anche la lettura dell’ambiente circostante nella sua interezza, percepita come unica entità. Le mutazioni silenziosamente in atto tanto in Soft Concreet quanto nell’appassimento organico del legno di Continuous Existence–HB (Renkai–HB) 1977/2016, conferiscono allo spettatore la sensazione di trovarsi all’interno di un macro organismo vivo e interconnesso. Ma ci sono anche opere che mettono in discussione le funzioni degli elementi architettonici e che alterano la percezione dello spazio da parte dei visitatori: Infinite Situation III (door), 1970/2016 mette in discussione le funzioni dell’elemento architettonico porta. Fa parte di una serie di opere che indagano questo confronto tra mono (cose) e spazio architettonico fin dagli anni Settanta. 
Kishio Suga, Situations, vista della mostra
In occasione della mostra del 1970 “Trends in Contemporary Art” presso il National Museum of Modern Art di Kyoto, Suga presenta Infinite Situation I (window), in cui inserisce travi di diversa lunghezza nelle cornici delle finestre del museo in modo da richiamare l’attenzione sulla vista del paesaggio esterno, e Infinite Situation II (steps), in cui ricopre una rampa di scale con della sabbia e la trasforma da spazio funzionale a spazio astratto. La tendenza di Kishio Suga a richiamare l’attenzione verso angoli e spazi dimenticati si esprime però solo grazie alla presenza dei visitatori. È il pubblico ad attivarli.
L’intera produzione dell’artista si spiega attraverso una sua dichiarazione: «Non sono io a creare limiti alle cose, sono piuttosto le circostanze a determinarne la collocazione ideale nel momento in cui esistono nel modo più naturale». Le venti installazioni presenti in mostra creano un percorso caratterizzato dalla convivenza di elementi delicati e tenaci, organici e industriali, spirituali e terreni.
Greta Scarpa

1 commento

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui