31 dicembre 2016

Studiare l’arte, per rivelare malattie neurologiche. Una controversa ricerca collega pennellate e disturbi cognitivi

 

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Stavolta la ricerca esce dall’Università di Liverpool, e a condurla è stato lo psicologo Alex Forsythe che ha analizzato più di 2mila dipinti di sette artisti: Claude Monet, Pablo Picasso, Marc Chagall (sopra), Salvador Dalí (nella foto in home page), Norval Morrisseau, Willem de Kooning e James Brooks. Lo ha fatto con il metodo dell’analisi frattale, fortemente contestato nel mondo della fisica; ma stando a questa “lettura” scientifica, ci sarebbe una correlazione stretta tra “modalità di pennellata” e malattia cognitiva, identificata appunto attraverso questi calcoli.
Ognuno in maniera diversa, certo: di una tipologia lo stato “frattale” di Dalì e Morrisseau – che avevano avuto diagnosi di Parkinson – così come era diversa la densità frattale di pennellate che invece riguardava De Kooning e Brooks, ai quali era stata trovata la sindrome di Alzheimer. 
Insomma, per farla breve; mostrami come dipingi e dimmi di che soffrirai. E proprio per questo, forse, la ricerca è stata contestata e presa come una buffonata da più parti: perché realizzata sommando la “densità” di diverse opere raccolte nel corso di tutta la carriera di ogni singolo artista, che ovviamente mutano, evolvono.
Il calcolo frattale poi – nel 1999 – era stato usato dal fisco Richard Taylor della University of Oregon, per autenticare dipinti di Jackson Pollock trovati tra le cose del defunto Herbert Matter. Il metodo fu criticato in parte per la sua incapacità di autenticazione dei celeberrimi dipinti del pittore, sia perché dava come “autentiche” alcune opere d’arte amatoriali, o scarabocchi fatti con photoshop.
Eppure Forsythe sostiene che la ricerca frattale non solo può essere utilizzata per stabilire la provenienza di un dipinto, ma permette anche di scoprire “cambiamenti” nella struttura del lavoro di un artista: indicatori precoci di insorgenza di deterioramento neurologico. Sarà…

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