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Non ha nemmeno trent’anni (è nato nel 1989), ma la sua storia potrebbe essere già raccontata in un libro. Si chiama Aeham Ahmad, ed è il “leggendario pianista di Yarmouk”, campo profughi palestinese alle porte di Damasco.
Come è iniziata la sua storia? Suonando tra le macerie dei bombardamenti alla periferia della capitale siriana, ogni giorno, un pianoforte montato su un carretto, circondato da bambini che lo accompagnavano con il canto. Finché un giorno le milizie dell’IS non solo hanno bruciato il piano, ma anche ucciso un piccolo che stava lì. E così Ahmad, come in un romanzo, è scappato in Europa attraverso rotta balcanica, fino all’arrivo in Germania dove acquisisce lo status di rifugiato.
Ma la storia di Ahmad è anche una storia a lieto fine, perché in Europa non solo ha trovato la musica classica che ha scoperto da piccolo a Damasco, ma ha anche pubblicato il primo disco e ora, in attesa del secondo album, da domani sarà in giro per l’Italia: prima a Locorotondo (in provincia di Bari) e poi sabato all’Auditorium Parco della Musica di Roma, arrivando a Crema, Mestre, Taranto, Firenze e Aosta. Un’occasione imperdibile per conoscere e ascoltare la malinconia dell’esilio di un pianista che concepisce la musica come un’arma per costruire la speranza di un mondo diverso. E dove l’arte, stavolta per davvero, ha cambiato la vita.