16 gennaio 2017

Vendita di opere d’arte private all’estero? Che ci siano regole più severe! Parola di Tomaso Montanari, per una nuova “tutela”

 

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Vendita di opere d’arte italiane all’estero facilitata? Ci sta lavorando il Ministero, per rivedere i principi che regolano l’esportazione, in quelle mosse che non trovano spazio nei comunicati ufficiali, ma che lavorano sommessamente per poi esplodere a conti fatti.
E sul tema, intervistato da L’Espresso, interviene Tomaso Montanari. Lo storico dell’arte, che ogni volta crea stuoli di “favorevoli” e “contrari”, stavolta si schiera contro le porte spalancate del commercio dei nostri beni: «La guida di Dario Franceschini procede ad abbattere così l’albero stesso su cui si fonda il suo Ministero: la tutela», riporta Montanari nell’intervista di Francesca Sironi. 
Sul piatto, insomma, stavolta c’è la possibilità che chiunque possieda un capolavoro che “rende grande e mitico” il nostro Paese, possa venderlo senza alcun problema al mercato straniero, decisamente pronto ad accaparrarsi gli italiani in qualsiasi salsa. E noi pronti a venderli senza remore. 
«È dal 1500 che tuteliamo la bellezza per far sì che resti entro i confini nazionali. È solo così che abbiamo formato quel “patrimonio” di cui tanto ci vantiamo», continua Montanari, che ricorda come sia “Bene Pubblico” anche l’opera che sta a casa del privato cittadino, bene immateriale che fa parte della storia della nostra cultura. 
E avverte: «Se nei primi del ‘900 fossero state in vigore leggi come quelle che chiedono oggi gli attori del mercato, ovvero la definizione dei vincoli sulla base di un valore economico, e non tecnico, e le autocertificazioni dei proprietari, l’Italia non avrebbe più un Caravaggio. Sarebbero usciti tutti. Perché all’epoca valevano poco. L’arte è dinamica. E la tutela non può dipendere dal prezzo».
E così Montanari sembra far spalla ideale con il Ministro alla Cultura tedesco Monika Grutters, che tramite il suo incriminato e tanto criticato Decreto Legge, ha imposto restrizioni sulla vendita dei capolavori tedeschi come parte dell’arte della Nazione. «I cambiamenti servono per migliorare, non per scardinare la tutela. Bisogna chiedere che le motivazioni all’esportazione siano valide, che le valutazioni siano uniformi, bisogna discutere su nuovi mezzi da dare agli uffici delle Soprintendenze. Ma non ribaltare i principi. Perché valgono dal ‘500. E finora direi che non ci è andata affatto così male», chiude lo storico. 

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