30 gennaio 2017

Pino Pascali, tra ieri e oggi “Sull’orlo della gloria”. Anna D’Elia ci racconta il documentario dedicato all’artista, in scena domani alla Galleria Nazionale

 

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 Appuntamento imperdibile, domani alle 18, alla Galleria Nazionale. Va in scena, è il caso di dirlo, Sull’orlo della gloria. La vita e le opere di Pino Pascali, il documentario prodotto da OZ Film, realizzato da Maurizio Sciarra con la sceneggiatura di Anna D’Elia, che si propone di ricostruire la vicenda umana e artistica di Pino Pascali, partito dalla Puglia, sbarcato a Roma nei mitici anni ’60, e protagonista dei primordi dell’Arte Povera, e morto tragicamente a soli 33 anni in un incidente motociclistico. Un’esistenza intensa, a cui daranno corpo anche diversi vecchi amici dell’artista, dall’attrice Paola Pitagora al critico Alberto Boatto, ospitati dalla direttrice Cristiana Collu. Abbiamo chiesto ad Anna D’Elia di raccontarci come è nato questo omaggio. 
Ci racconta delle origini del progetto, come è nata l’idea di realizzare un film su Pino Pascali e come si è concretizzato il tutto? 
«Molte difficoltà  hanno segnato la realizzazione di questo docufilm a partire dal mio progetto risalente al 2011. Il buon esito si deve al sostegno dell’Apulia Film Commissione, della Oz Film che l’ha prodotto con Tore Sansonetti, Leonardo Paulillo, il regista Maurizio Sciarra e alla collaborazione dell’Associazione Culturale Fuoricentro. Nel superare le difficoltà innumerevoli che ne hanno accompagnato il varo ci ha sempre sostenuto la convinzione che fosse un‘opera necessaria per il ruolo che Pascali ha avuto nell’arte contemporanea del ‘900 e per l’attualità del suo pensiero, nei cui confronti oggi abbiamo tutti in Italia e nel mondo, un grande debito». 
Come ha costruito la sceneggiatura di questo ritratto?
«Con il regista abbiamo scelto di raccontare Pino Pascali  mettendo in luce aspetti meno noti del personaggio e di fare il punto sull’originale collocazione dell’artista tra radici mediterranee e movimenti artistici internazionali. A tenere le fila tra tempi e luoghi è Paola Pitagora, amica di Pascali e frequentatrice di quegli ambienti che resero mitica la stagione romana degli anni sessanta. L’attrice racconta vecchi episodi legati alla vita di Pino, gli scherzi giovanili, le passioni amorose, le serate al caffè Rosati, le discussioni in trattoria. E poi c’è la voce dei tanti testimoni, tra cui Alberto Boatto, Vittorio Rubiu, Pietro Marino, Angela Rorro, degli artisti Michelangelo Pistoletto, Claudio Abate, Luca Patella, degli amici d‘infanzia, dei motociclisti con cui Pascali condivideva la sua passione per la velocità e, ancora, le interviste  a Topazia Alliata, Toni Maraini; più complessa la testimonianza di Fabio Sargentini nelle vesti di amico, gallerista, interprete, sostenitore del pensiero e dell’opera di Pascali anche dopo la sua morte. Quando si gira un documentario non tutto è prevedibile,  si scoprono in fieri molte cose sul tema che si sta affrontando,   si parte da alcune domande, ma le risposte possono essere spiazzanti, aprire nuove piste, nuovi capitoli, segreti non ancora svelati. Non poche sorprese suscita, ad esempio, la risposta alla domanda: “Che cosa Pascali avrebbe realizzato in arte se la sua vita non si fosse interrotta così presto?”». 
Pascali ha un’aura mitica, specialmente tra i giovani artisti: è un po’ James Dean, un po’ Rino Gaetano (per le sue origini e per originalità). Che cosa pensa che ricerchino gli artisti di domani nello “sguardo” di Pascali?
«Pascali è oggi un mito perché ha  vissuto l’arte come dubbio costante e pratica di un pensiero dal quale non fossero esclusi il paradosso e la contraddizione, in dialettica continua con la vita.  L’arte nella quale credeva da eroe neoclassico era colma di ideali e valori, quelli di cui oggi le nuove generazioni  hanno più bisogno. Pascali inoltre, da pioniere, ha ripensato il significato del Mediterraneo nella cultura e nella società Occidentale. Già all’inizio degli anni Sessanta l’artista metteva in guardia dai pericoli di un sviluppo eccessivo e distorto della tecnologia, oggi che il modello dell’economia globale e ipertecnologica mostra molte crepe il suo monito è oltremodo attuale. Da Pascali viene, anche, una grande lezione sulla cultura del fare, quell’imparare facendo o giocando  che è dei bambini, l’arte insomma come  grande sistema per cambiare se stessi innanzitutto».
In home page: Ritratto di Pascali scattato da Marcello Colitti nello studio-abitazione dell’artista di Boccea a Roma
Sopra: Pino Pascali durante l’installazione dell’opera “Campi Arati” alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma. Ph: Archivio della Galleria Nazionale 

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