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“Please come back – Il mondo come prigione”, che apre domani al pubblico al MAXXI, sembra essere davvero un evento speciale.
Oltre 26 artisti, per un totale di 50 opere, a raccontare o perlomeno a tentare di farlo, una società in cui il controllo globale può diventare foriero di prigionia. Cosa e come si rapportano gli artisti di fronte alla realtà che così velocemente cambia, in ragione di eventi veloci e rapidi come i fuochi fatui? Un’esposizione che vuole più di tutto comprendere se, e come, sia possibile recuperare qualcosa dall’età moderna.
Singolare e importante la divisione in tre sezioni della mostra, la cui parola chiave è muro: “Dietro le mura”, “Fuori dalle mura” e “Oltre i muri”. Una parola che in questo periodo storico, ed in realtà sin dal lontano – oramai – 1989, assume una valenza importante, ma che in questo oggi assurge ancora di più ad un ruolo di significato indubbio.
La mostra dunque come dicevamo insiste sul tema della prigione intesa come esperienza pratica, come luogo del quale nulla si può sapere ed infine come “pratica organizzativa dominante”. Ma non finisce qui perché a compendio di un progetto davvero interessante, e di cui parleremo in maniera più esaustiva, ci sarà una rassegna cinematografica con quattro film presentati, un workshop dedicato ai ragazzi della scuola secondaria, un progetto di storytelling, un reading letterario di testi autobiografici nati in situazione di detenzione, ed anche un convegno il 19 aprile dal titolo “Il mondo come prigione? Carcere, diritti, giustizia”. Tutti dentro? Tutti al MAXXI! (Sabrina Vedovotto)
In home page: Claire Fontaine, Please come back (K.Font), 2008, tubi fluorescenti bianchi, acciaio montato su una struttura di ponteggio, rilevatore di movimento, Installazione alla Galerie Chantal Crousel, Parigi, 20 dicembre 2008 – 31 gennaio 2009, Photo by Florian Keinefenn
Sopra: Chen Chien-Jen, People Pushing, 2007-2008, Courtesy CHEN CHIEN-JEN Studio