09 febbraio 2017

Il robot al Museo

 

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L’8 febbraio ha inaugurato al Museo della scienza di Londra una grande mostra che ripercorre 500 anni della storia della robotica. In esposizione più di 100 esemplari provenienti da tutto il mondo, dagli androidi più sofisticati ai meccanismi più antichi. Qualche esempio? Il monaco del sedicesimo secolo che se azionato agita un crocifisso o il cigno d’argento inventato da John-Joseph Merlin nel 1773 che cattura dallo stagno che ha di fronte un piccolo pesciolino. Mark Twain, che vide l’opera a Parigi nel 1867 scrisse:”Aveva una grazia vivente nei suoi movimenti e un’intelligenza viva nei suoi occhi, nuotava così comodamente e con indifferenza, che sembrava fosse nato in una palude invece che in una gioielleria.” Per ragioni conservative l’opera, in prestito dal Bowes Museum di Barnard Castle, rimarrà a Londra solo per sette mesi. Non mancano i riferimenti alla fantascienza tra la replica a grandezza naturale di “Maria” il robot di “Metropolis” (1927) di Fritz Lang e le proiezioni di film sul tema, organizzate per tutta la durata della mostra.
Concentrandosi sul perché esistono più che sul come funzionano, Robots è un percorso attraverso 500 anni di storia in cui i meccanismi automatizzati sono stati specchio dell’umanità, riflettendo le nostre ambizioni e i nostri desideri in un mondo in rapido cambiamento.
In un recente articolo del Guardian Jonathan Jones sostiene che il fascino dell’uomo per questi esseri artificiali è legato al desiderio di ricreare la vita stessa, lo stesso che, dai tempi antichi ha accompagnato molti artisti: dalla potenza realistica delle statue di Fidia e Prassitele al mito greco di Pigmalione (che si innamorò della scultura che lui stesso aveva creato) fino ad arrivare a Leonardo da Vinci, che nel 1515 creò per Francesco I re di Francia, un leone robot non solo capace di camminare, ma con un meccanismo che faceva spuntare da un pannello interno un mazzo di gigli, il fiore reale. Nei suoi disegni anatomici Leonardo vede il corpo umano come una macchina complessa e meravigliosa, composta da piccoli ingranaggi. La stessa scienza che ha ispirato i suoi automi si ritrova nella Gioconda: il sorriso della donna rivela la ricerca sui meccanismi dei “muscoli chiamati labbra”, lo sguardo penetrante gli studi sull’ottica. Nel 1550 Vasari scriveva che il quadro era così realistico da mandarlo in estasi. E oggi? Al museo della scienza abbiamo RoboThespian, che recita Amleto in Klingo (lingua parlata in Star Trek) , Yumi  che realizza aeroplanini di carta, Kaspar che viene utilizzato nella cura dei bambini autistici, e Kodomoroid una inquietante giornalista che legge bollettini. Questo tipo di tecnologia ci sarà davvero utile? E’ saggio costruire robot sempre più simili all’essere umano? “Vogliamo convincere la gente a pensare, e se ci riusciamo, vuol dire che abbiamo fatto il nostro lavoro.” Ha detto Ben Russel, curatore della mostra. Ma le domande non finiscono qui: e se un giorno le macchine lavorassero al posto degli uomini?  Un recente rapporto dell’ think tank Reform, stima che nei prossimi 15 anni 250.000 persone potrebbero perdere il posto perché sostituite da macchine più efficienti, che permetterebbero di risparmiare miliardi di sterline. Inevitabile il collegamento a Maria, il già citato umanoide del film Metropolis, che mette in discussione il ruolo degli esseri umani in un mondo popolato dalle macchine.  E invece cosa succederebbe se i robot sfuggissero al nostro controllo? “Non sono troppo preoccupato per questo”, dice Russell. “Se insorgessero contro di noi, prima o poi saranno le loro batterie a scaricarsi.”  Robots, la più grande collezione di robot umanoidi mai messa insieme, sarà aperta fino al 3 settembre 2017. (NG)

 

 

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