20 febbraio 2017

Opere d’arte terremotate: i dubbi sull’archiviazione temporanea, e l’impossibilità di farle tornare a casa a breve

 

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Ad Ancona è la Mole Vanvitelliana il centro di stoccaggio per l’arte recuperata dalle aree delle Marche terremotate. Altre sono all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, altre a Rieti, altre in depositi in città più o meno sicure. Ma quando torneranno al loro posto le opere colpite dal sisma messe in sicurezza? Questione molto spinosa, che una serie di protagonisti della politica e della cultura locale hanno sollevato attraverso le pagine de Il Giornale dell’Arte.
Molti, infatti, tra i 67 comuni della provincia di Macerata si sono detti critici rispetto al Mibact e alla sua “Unità di crisi”, e hanno inviato una missiva chiedendo di non dimenticarsi di far tornare tutto al suo posto.
Ma anche se ci sono state riaperture, tipo la galleria di San Severino Marche, che ha tra le opere anche pezzi di Paolo Veneziano, Lorenzo Salimbeni e Pinturicchio, l’architetto Luca Maria Cristini, direttore del patrimonio culturale per la diocesi di Camerino, che comprende 486 chiese, ha spiegato che se per ogni intervento bisogna specificare terreno, risorse, spese, il proprietario dell’opera e fornire una descrizione, la macchina si inceppa e si rischia di allungare biblicamente i tempi.
Lo storico Alessandro Delpriori di Matelica, invece, sta cercando un accordo con il Ministero dei Beni Culturali per trasformare un magazzino locale in un edificio a prova di terremoto, per poterlo aprire al pubblico in estate. E ce ne vorrebbero però, in tutta la regione, almeno 5 o 6. Anche perché, spiega sempre Delpriori, ci sono sul solo suolo regionale più di 2mila chiese ancora inaccessibili e non ancora ispezionate.
Insomma nonostante tutto, dove stipare queste 2mila e 800 opere d’arte – quelle recuperate attualmente – parrebbe non essere un problema. Il problema è come. E soprattutto, quanto tempo dovranno restare a prendere la polvere in un luogo non loro, sottratte ai legittimi “proprietari” cittadini. “Faremo del nostro meglio in modo che le opere rimangano nella regione, anche in fase di stoccaggio e di restauro”, aveva dichiarato Franceschini, prendendo però tempo. Perché si tratta di un’operazione titanica, come questo territorio dalla sorte degna del Titanic, appunto. 

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