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Una conferenza stampa affollata come poche se ne vedono. Tutto merito suo, di Keith Haring, il più iconico graffitista statunitense, ma che come ben sappiamo è così universale che definirlo solo “writer” è meno che riduttivo. E allora largo all’artista, che si è confrontato con i colleghi vecchi e giovani, da Magritte a Warhol, da Pollock a Dubuffet.
Largo all’Haring delle performance clandestine in metropolitana, largo all’artista che tirò in ballo anche i miti, dalla Lupa Capitolina a San Sebastiano, e che a Palazzo Reale è messo in relazione – appunto – anche con alcune opere di “ispiratori”. A cura di Gianni Mercurio, non sono mancati i momenti di commozione, stamane: Julia Gruen, direttrice dell’americana Keith Haring Foundation a più riprese ha interrotto il suo discorso, ricordando tra le lacrime quel suo compagno di viaggio per sei anni, le avventure e anche la sua volontà di far scrivere al padre una biografia.
Poi, silenziosamente, come si conviene al cospetto dei grandi miti, una folla oceanica ha riempito le sale in una vera e propria processione, quasi mistica, di fronte a 110 opere che in alcune sale non lasciano spazio alla visione, zeppe di colori, forme, rimandi e tutto l’Haring che conosciamo, “About Art”.
Tutte le foto sulla nostra pagina Facebook