25 febbraio 2017

Tre anni di Mibact online. Cifre in chiaro dal Ministero, per raccontare i fatti e per “Scommettere sulla cultura”

 

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Sicuramente siamo di fronte a una rarità, e senza ombra di dubbio è la prima volta per il Ministero dei Beni Culturali, quel dicastero tanto discusso e tanto “affondato” negli scorsi anni dalla politica italiana, che ha visto avvicendarsi figure discutibili ai suoi vertici in più di una occasione.
Da tre anni, invece, tra norme che hanno fatto discutere, fondi sbloccati, plausi e una comunicazione puntualissima per ogni azioni del Mibact (ma non tutte) Dario Franceschini ha introdotto norme e leggi, riformando la composizione della “cultura” nel senso più ampio del termine, per la sua tutela e la sua promozione.
E visto che i risultati non si devono disperdere da oggi, sul sito del Mibact, sono online e consultabili proprio i dati di “Tre anni di Governo per la Cultura e il Turismo”, ricognizione dettagliata che illustra le principali azioni del Ministero dei beni e delle Attività Culturali e del Turismo.
Riporta Franceschini, nell’annunciare la sezione: “Non è solo un elenco, ma un primo tassello di una sfida più grande che dobbiamo affrontare come sistema Paese: scommettere sulla cultura come chiave per costruire il futuro, una direzione possibile verso la quale c’è ancora molto da lavorare”.
Bilanci? Per esempio, dopo ben otto anni, il conto della cultura torna sopra i due miliardi di euro; l’ArtBonus stabilizzato e reso permanente ha portato oltre 4mila mecenati a donare quasi 158 milioni di euro per oltre mille interventi; e poi ci sono i “nuovi” musei autonomi, le domeniche gratis, il bando per i 500 professionisti della cultura, le nuove iniziative come la Capitale italiana della Cultura e il patto per gli investimenti nel Sud, la nuova legge sul Cinema e l’aumento dei fondi destinati al settore dell’audiovisivo, oltre che gli aiuti per le aree terremotate. Insomma, da un lato un rendiconto per dimostrare i fatti, e dall’altro non bisognerà dimenticarsi di continuare a lavorare. Magari anche per l’arte contemporanea, che tra tante voci ci sembra, ancora, la meno presente. 

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