25 febbraio 2017

Troppi artisti! Arriva la Fondazione Rengöring

 
È nuova, ha aperto i battenti in rete e mira ad una rivoluzione nel sistema dell’arte. Invita gli artisti a rinunciare alla loro identità in cambio di un regolare stipendio

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Il 2017 è iniziato con una grande novità: l’apertura della Fondazione Rengöring.
La novità consiste nella natura di questa nuova fondazione per l’arte, totalmente diversa da quelle conosciute fino ad oggi. Senza alcuna sede fisica, esclusivamente in rete, la  sua peculiarità sarà quella di incidere come nessun’altra sulla realtà artistica contemporanea. Mentre si moltiplicano le biennali e le fiere dell’arte, i musei che oramai si aprono in ogni angolo del pianeta, nonché fondazioni profit e non, associazioni, riviste, gallerie, fino ad arrivare a quei contenitori ibridi dalla pratiche indefinibili (dall’estetica al gender passando per l’ecologia) che non si comprende bene che tipo di attività svolgono, la Fondazione Rengöring rappresenta oggi il principio della controtendenza. 
In breve, potremmo dire che la finalità di questa struttura è la riduzione del numero degli artisti presenti nell’attuale sistema dell’arte. Funziona come una sorta di agenzia di collocamento per ogni persona che rinunci alla propria attività artistica, ricevendo nell’immediato un regolare stipendio in attesa di un nuovo impiego non artistico. 
Creata con il supporto di capitali esclusivamente privati, la fondazione non solo si preoccupa di indirizzare gli artisti diventati, da un giorno all’altro, comuni individui a cui è vietata ogni dimensione espressiva, ma garantisce a questi nuovi soggetti, non obbligatoriamente destinati ad essere trasformati in normali lavoratori, uno stipendio di 5 anni con contratto rinnovabile in base ai meriti ottenuti dalla nuova attività professionale. 
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L’accesso alla fondazione sembra piuttosto semplice, poiché consiste nella compilazione di un modulo di autocertificazione, in cui il soggetto rinuncia totalmente alla sua identità artistica, con il divieto più assoluto di produrre con il suo nome, su un piano professionale, qualsiasi oggetto d’arte o qualsivoglia attività identificabile come artistica. 
«Lo scopo della Fondazione Rengöring è quello di “pulire”, come indica il suo stesso nome, la sfera dell’arte dall’inquinamento rilasciato dall’incontrollabile moltiplicarsi del numero degli artisti», dichiara il presidente della fondazione (che ha l’identità di una risposta automatica registrata) in un’intervista citata da Artnow, per poi proseguire più avanti: «Riteniamo che un mondo pieno di artisti sia un mondo malato e che questa malattia dell’arte possa essere curata attraverso lavori normali. Vogliamo un mondo in cui una qualsiasi attività cognitiva o manuale non abbia bisogno di essere valorizzata attraverso ulteriori significati estetici». 
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Nella domanda di rinuncia all’identità artistica si chiede di indicare anche alcune preferenze per la vita futura, tipo lavoro manuale o di ufficio, nonché di compilare alcune opzioni di “normalizzazione della vita quotidiana”, in cui può essere scelto, per esempio, un certo tipo di abbigliamento o comportamento che garantisca una non eccentricità dello stile di vita. In altre opzioni a scelta multipla si elencano invece una serie di possibilità legate più strettamente alle abitudini, come nella sezione “week-end”. In quest’ultima si invita il soggetto a crociare una o più preferenze del tipo “andare il sabato pomeriggio a fare shopping in un grande magazzino”, oppure “lavare la macchina nel giardino di casa in una giornata di sole”, o ancora “portare la famiglia al cinema e poi andare a cena in un ristorante etnico”, e così via. 
Come si evince da questi esempi, il modulo di iscrizione alla fondazione appare come un vero e proprio manifesto della normalità, in cui i principi di una vita normale (non banale, attenzione) mirano a rieducare tutti quegli individui che (citiamo l’introduzione nella l’home page della fondazione) “hanno scambiato l’arte con la cultura”.
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Non è questa la sede per riportare tutte le particolarità della Fondazione Rengöring, ma ci limitiamo a dire che, una volta entrati in questa realtà non artistica, la strada verso la normalità si articola in un punteggio ottenuto dalla somma di tutte le attività normalizzanti, da cui si ottiene alla fine anche un premio finale, come in una tessera a punti di un supermercato o le miglia accumulate con una compagnia aerea.  
Come ultima nota, per dare una misura della serietà di questa fondazione, citiamo un passaggio dalle pagine finali del suo regolamento: “Ciascun soggetto che abbia rinunciato all’attività artistica, sarà obbligato restituire l’intera somma ricevuta negli anni di rinuncia a tale attività, nel momento in cui deciderà di tornare ad essere un artista”.
Inutile dire che nella prima settimana di apertura, la Fondazione Rengöring ha ricevuto una quantità spropositata di moduli, rispondendo ad una necessità che nessuno fino ad oggi aveva avuto il coraggio di affrontare in termini così diretti, basata in sostanza sull’equivoco di scambiare la presenza culturale con la necessità artistica, a cui però si può adesso rimediare con una chiara presa di coscienza di normalità e un felice stipendio da impiegati!  
Flavio De Marco
articolo pubblicato sul numero 96 di exibart.onpaper

13 Commenti

  1. ma che diavolo state pensando di fare? spero sia solo una bufala , ma come vi permettete di pensare anche e solo semplicemente a inibire la creatività dell’individuo? voi siete malati o furboni……. sono 50 anni che dipingo e vendo i miei lavori e non ci rinuncerei mai…….. che idiozia di iniziativa.. se avete soldi promuovete mostre vere e valorizzate l’arte

  2. Troppi artisti è vero! oggi siamo nell’epoca del troppo e del “tutto” e non solo in arte, si va dai galleristi improvvisati, agli editori improvvisati, ai cantanti improvvisati, ai meccanici , ai scrittori, ai dj improvvisati ecc. la lista è molto lunga visto anche che, in molti settori, pensino che i mezzi offerti dalla tecnologia possano sostituire la preparazione e lo studio. Quanto proposto dalla citata fondazione ritengo sia molto offensivo, come se un artista lo facesse esclusivamente per denaro (cosa vera per alcuni ) non si può fare un calderone e giocare con i sentimenti delle persone, offenderli nella propria dignità, magari potrebbe, dico “potrebbe” interessare qualche persona in difficoltà economiche estreme che accetterebbe solo per necessità. Ora dopo i reality tv e tanti altri programmi facciamo perdere la dignità anche agli artisti solo per denaro. La fondazione per distinguersi e fare un passo avanti nel mondo dell’arte contemporanea, inizi a comprare le opere delle artisti che ritiene valide!

  3. Il problema non è togliere gli artisti (poveretti per molti è una medicina legittima l’arte) ma trovare il vero ruolo mancante, ossia gli spettatori veri che non siano addetti ai lavori o loro parenti.

  4. Caro Flavio,
    a prescindere dal fatto che questo programma – se esiste davvero – mi pare aberrante, soprattutto nelle premesse (mi pare che gli artisti dovrebbero ricevere sostegno per il proprio lavoro e non essere pagati per “spegnersi”; non si vede poi per quale motivo la pratica artistica debba essere concepita come incompatibile con altre attività, dato che molti artisti svolgono di fatto anche altri lavori dove trasferiscono la conoscenza derivata da pratiche diverse; in più questa dicotomia tra “vita normale” e “arte” è completamente fuorviante, visto che le pratiche artistiche, definite in modi diversi nel corso del tempo, sono sempre esistite e sono un’espressione del tutto normale della nostra specie; infine non capisco dove consista il problema nel considerare l’arte una forma di cultura), possiamo avere qualche dato in più giusto per essere certi che non si tratti di una “bufala”?
    Non riesco a trovare su web alcuna traccia di questa improbabile fondazione. Grazie.

  5. ecco un ottimo esempio di nuova pratica castrante! evidentemente chi ha aderito non erano artisti veri, ma gente che pensava magari di fare i soldi diventando i nuovi Van Gogh o Fontana, e dopo i primi fallimenti hanno ben pensato di vendersi come volgari prostitute.li compatisco e provo pena per loro.

  6. Cioè io creo, e seppercaso un giorno qualcuno fa una mostra e sotto un mio quadro c’è il mi’nome, ti devo render i quattrini?
    Mi sembra la storia di quello che mi cacò sull’uscio e poi la rivoleva
    Chi se l’inventato ciha le pine ner cervello
    Oppure lavora per Tiger ed IKEA

  7. Notizia esilarante? Provocatoria? UN INVITO ALLA RIFLESSIONE!……e se la domanda di rinuncia la facessero proprio gli artisti veri, quelli con la A maiuscola, in uno dei tanti momenti di sconforto, di nausea e di “solitudine”………. troppo rischioso…

  8. Sarebbe necessario corredare la notizia con una fonte. Così messa sembra una bufala dal momento che online alla voce Rengöring compaiono solo siti di pulizia dei denti o della persona in genere. Se la notizia è vera mi sembra pericolosamente in linea con una tendenza all’annullamento dell’individualità a mio avviso già in atto ad esempio nel concorso Museum Beauty Contest della Galleria Nazionale di Roma. Sorvolando sul basso livello dell’idea – peraltro già denunciato da più parti – avete notato che le opere in concorso elencate sul sito mancano del nome dell’autore?

  9. Mi sembra na bella furbata, così un collezionista non può contattare direttamente l’artista che accontentandosi di qualche bricioletta lavora come uno dei tanti prestanome. Strategia del controllo

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