03 marzo 2017

Cartoline da New York/5. Un tuffo negli anni Ottanta della Grande Mela. Tra pittura, sperimentazione e nuovi fermenti. Al Whitney

 

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Il 17 marzo comincia la Whitney Biennale, per la prima volta ospitata nella nuova sede disegnata da Renzo Piano a Meatpacking, nel sud di Manhattan. In attesa dell’evento, che continua ad esser la più longeva iniziativa dedicata all’arte contemporanea targata Usa, gli ultimi due piani del museo sono occupati da due mostre. Una dedicata al ritratto, in scena da quasi un anno, con opere provenienti dalla ricca collezione e di cui vi abbiamo già parlato, un’altra, allestita più recentemente, dedicata alla scena artistica degli anni Ottanta. 
È il periodo in cui gli artisti riscoprono la pittura che da queste parti viene interpretata con i graffiti politicamente corretti e a volte molto belli di Keith Haring e con il tratto dirompente di Basquiat
Ma è anche il momento in cui l’Aids allunga la sua ombra sinistra sulla scena artistica – una delle prime vittime eccellenti fu proprio Haring – mentre Downtown, con Soho e il Lower East Side, si conferma essere l’area più vivace della città, dove i confini tra arte bassa e alta saltano e dove si sperimentano anche nuovi media come il video e la fotografia. 
Tanti sono i nomi proposti: Julian Schnabel, David Salle, Sherrie Levine, oltre ai già citati Haring e Basquiat e, sebbene non numerose (la mostra occupa tre sale dell’ottavo piano), le opere sono di notevole qualità. 
Una bella ricognizione, insomma, di un periodo storico e artistico molto definito e molto legato agli anni d’oro della pittura e del boom dell’arte contemporanea.

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