21 marzo 2017

1+1+1 = Assab One. Anteprima di un progetto “trino” che mixa design, architettura e pittura, nei bellissimi spazi dell’Associazione milanese

 

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Lunedì 27 marzo, giorno di apertura, la vedrete ben diversa da come l’abbiamo potuta vedere noi stamattina, in fase di allestimento ma non per questo meno affascinante: è 1+1+1, una mostra “trittico” al piano terra del bellissimo spazio dell’Associazione Assab One di Milano, progetto ideato dalla fondatrice Elena Quarestani, e curato da Marco Sammicheli. Una mostra nata da incontri, da viaggi, da episodi anche un po’ fortuiti, che fa convergere nella periferia nord est della metropoli design, pittura e architettura, dall’India, dalla Corea, dalla Gran Bretagna. In realtà George Sowden, designer per Ettore Sottsass e Olivetti, vive in Italia dal 1970, mentre Chung Eun Mo è a Milano dal 1987. Bijoy Jain invece è il fondatore dello Studio Mumbai, ed è tornato a vivere nel subcontinente nel 1995, dopo una serie di passaggi di formazione in Inghilterra e Stati Uniti. Poco importa: quel che si respira all’1 di via Assab è una contingenza che crea un dialogo unico tra la produzione di Sowden, che mette in scena come un Peter Halley più industriale i suoi prodotti di ceramica (piatti da caffè, tazzine, tappi di caffettiere, sottobicchieri) su scaffallature “adornate” da muri dipinti a tinte piatte e brillanti, o carte da parati che mixano texture geometriche e spesse linee; una produzione venduta anche ai Paesi dell’Est, come ci racconta lo stesso designer, che sembra strizzare l’occhio ad un’altro tipo di produzione, quello di Studio Mumbai, appunto. 
Pannelli a formare quello che diverrà un lungo corridoio attraversabile, realizzati con bambù, sterco di mucca e il candido caolino che permette di essere base per colorazioni che ricordano i tessuti dell’Asia: un dialogo continuo con la materia, come avviene invece nella produzione pittoricamente “spaziale” di Chung Eun Mo, che invade tele muri con geometrie e, ancora, tinte non sfumate anche se a volte dai toni pastello, linee secche che costruiscono figure. Come a riappropriasi di uno “spazio-tutto”. Quello che avviene, nelle diverse pratiche, in ogni proposta presentata qui. In una mostra suggestiva che segna anche un passaggio non indifferente nella programmazione di Assab, mettendo in scena tre professionisti differenti con una ben consolidata carriera alle spalle, in grado di uscire dagli schemi.  

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