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24
marzo 2017
Oggi a Ferrara è l’ultima giornata del Salone dell’Economia, della Conservazione, delle Tecnologie e della Valorizzazione dei Beni Culturali e Ambientali, che ha come tema il restauro dei musei.
Già, i vecchi “dinosauri” della cultura di cui l’Italia è piena, che negli ultimi anni sono stati obbligati a cambiare format anche se a volte non sono sembrati pronti al passo ma, si sà, l’imperativo del tempo – e del pubblico – non èpuò essere trascurato.
E allora? Allora si parla della necessita di “nuova fruizione dell’accessibilità culturale”, e del tentativo delle nuove tecnologie a “rimediare della privazione” delle opere fuori dal loro contesto, come ricorda Filippo Fineschi, sulle app collegate alle istituzioni “ristabilendo in modo virtuale il collegamento delle opere con il territorio e l’ambiente di origine”. Strano, una volta sembrava bastasse studiare per conoscere, appunto, la “storia dell’arte”, ovvero quel contesto dove sono nate le opere d’arte, e i “perché”.
Per certi versi sembra, se non fosse già stato particolarmente lampante, che senza un aspetto “ludico” non si vada più da nessuna parte: il pubblico, insomma, dentro i muri idealmente polverosi dei musei, cerca davvero un motivo per divertirsi, rendersi la visita meno noiosa
E al di là delle necessità di tutela dagli eventi sismici, per esempio, per evitare di vedere sbriciolato il patrimonio di aree intere, come accaduto nel Centro Italia, o la tutela delle opere in esterno, la conservazione delle opere grafiche, dei disegni, contro i parassiti dei legni antichi, l’umidità, e la salvaguardia delle chiese rupestri, c’è anche un’altra storia – opposta – affiorata ieri, e che viene dalla Sicilia e più precisamente da Taormina: «Siamo all’anno zero nella gestione dei nostri gioielli, occorre fare riforme immediate, bandire concorsi e investire per evitare il collasso del sistema», riportano i dirigenti dei Beni Culturali della Regione Siciliana.
Pare infatti che sull’isola musei e i parchi archeologici siano in grandissima difficoltà: a Taormina non vi è un solo euro per la manutenzione dell’Isola Bella, i custodi hanno messo di tasca loro i fondi per cambiare le lampadine e sistemare l’impianto elettrico, come ha riportato Repubblica Palermo. Al Museo Salinas non ci sono fondi per fare una pubblicazione e al Centro per il restauro i dipendenti si sono autotassati per pagare il dominio del sito internet. Non c’è solo Ferrara, insomma, e non ci sono solo i musei autonomi. Senza ombra di dubbio il tesoro sommerso d’Italia, per certi versi, fa ancora parte del “vecchio e polveroso” e tra un po’ anche talmente diroccato che si rischia di perderlo. E allora che si fa Comuni, Regioni e Stato, senza scomodare i soliti privati? (MB)