10 aprile 2017

Salone del Mobile 2017, il risultato: più attenzione alla materia, e recupero dell’artigianato in versione tecnologica. Vincono i luoghi nascosti, e quelli inediti

 

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Quest’anno molta più musica, cibo e birra. Troppi eventi e molta dispersione di energia, meno contenuti innovativi. Restano non risolte le domande di un design utile necessario, quello democratico delle emergenze.
Eccolo il post Salone del Mobile, kermesse che chiude con un bilancio record: 343 presenze a Rho – Pero (più 10 per cento sull’anno di Expo),  e 250 mila visitatori in giro per la città.
Ma finito l’happening compulsivo e collettivo, la domanda è: qual è il design del futuro?
Il Design Award, l’Oscar del Fuori Salone, un premio ambito che sostiene la valorizzazione del prodotto attraverso l’allestimento, a cui hanno partecipato 40 finalisti, è stato attribuito a Tokujin Yoshioka al Superstudio Più (via Tortona 27): una installazione  prodotta da LG tra le più coinvolgenti, in bilico tra arte e design, filosofia e design industriale ad alta prestazione tecnologica composta da 15 grandi sedie in vetro simili a moduli minimalisti animati da video poetici e gradazioni cromatiche davvero uniche.  
Il Lexus Design Award è stato attribuito a Hiroto Yoshizoe, con  Pixar : una struttura  che sperimenta il potenziale espressivo ed empatico delle combinazioni tra luce e ombra esposta allo spazio Lexus Yet in Triennale. Conquista anche Formafantasma, duo italiano (sopra) con sede in Olanda che ha alterato la percezione dello Spazio Krizia (via Manin 19): una coreografia di luci davvero emozionanti.  
Ma il prodotto e l’allestimento che coincidono alla perfezione è quello di Maarten Baas in un ex magazzino della Stazione Centrale (via Ferrante Aporti 19), il nuovo distretto rivelazione del Fuori Salone di quest’anno, con una foresta di  megafoni e sedie  in un apparente disordine, abitato da voci, racconti, bisbigli, poesie, sussurri di vissuti: davvero poetico. 
Ha vinto e incantato i visitatori l’installazione immersiva di Panasonic (via Brera 28, in home page) ideata come storytelling polisensoriale da vivere più che da raccontare in cui il Giappone, la tradizione Zen, incontra l’innovazione e la cultura digitale, dove si annullano le distanze tra passato e presente. A questo ambizioso progetto multimediale hanno contribuito anche le opere realizzate da un gruppo scelto di studenti dell’Accademia di Brera. 
Concludendo, l’opera più surreale, che incanta e si è impressa nella memoria dei design victim di tutto il mondo, è senza ombra di dubbio la Giostra (via Ferrante Aporti 15) , composta da 30 oggetti rieditati in versione total white  in un carosello in movimento firmato da Lee Broom, enfant prodige nel teatro e nella moda, e di casa nel design meneghino dal 2012, quando debuttò a Ventura Lambrate.
Non ha vinto premi  ma, per noi, il progetto migliore è quello di un artista greco sedicenne: Achilles Souras, con l’installazione-monito SOS Save Our Souls, (showroom Moroso, via Pontaccio 16): giubbotti di salvataggio di profughi diventano materia per una capanna. Un monito per la posterità, che non finisce con la chiusura della Design Week, ma è un’occasione per riflettere sul tema delle convivenze, visto che il futuro dipende anche da come progetteremo insieme un mondo meno effimero ma più giusto e semplice, all’insegna di un design umano e solidale. (Jacqueline Ceresoli)

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