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È lui o non è lui? Potrebbe essere. In queste ore, a Milano, si discute su un piccolo giallo per un’attribuzione possibile ma non confermata. No, non è un Caravaggio segreto e nemmeno un Leonardo misterioso ma qualcosa di un po’ più vicino a noi. Infatti, sui muri di un appartamento, attualmente di proprietà della famiglia Moratti e affittato a studenti universitari e ricercatori, sono stati rintracciati i segni inconfondibili di Keith Haring, figura chiave dell’arte contemporanea, essendo riuscito a portare il linguaggio criptico del graffitismo americano verso l’estetica comunicabile della Street Art.
Già qualche anno fa, Milly Moratti mostrò l’appartamento a Elio Fiorucci, che dell’artista era stato amico stretto. E lo stilista, scomparso nel 2015, riconobbe quel tratto visto tante volte, considerando che, nel 1983, convinse Haring a dipingere le pareti del suo storico negozio in San Babila, frequentato da giovanissimi amanti della moda fin dagli anni Settanta. In effetti, prima di essere acquistati dalla famiglia Moratti, gli appartamenti del palazzo di via Laghetto erano occupati da un collettivo studentesco e vi si potevano incontrare molti artisti, più o meno fortunati, che lasciavano la testimonianza del loro passaggio. Tra i tanti disegni a parete, quello di Haring è sicuramente il più prezioso, anche se solo allo stato di «esercizio di bottega», come lo definì lo stesso Fiorucci.
Il pezzo dovrebbe risalire alla fine degli anni ’80 e non è stato ancora attribuito ufficialmente ma, adesso, qualcuno sembra ricordarsi di un uomo con grandi occhiali tondi e una incipente stempiatura che passeggiava proprio in zona. E questa potrebbe essere una prova decisiva. Spesso, infatti, l’artista americano lasciava le sue opere in giro per le case e le strade, ovunque ci fosse un muro o qualunque altro tipo di supporto disponibile. E quella di via Laghetto potrebbe non essere l’ultima opera di Haring in attesa di attribuzione.