14 aprile 2017

Il Sud Africa cancellato rivive a Parigi

 

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Si tratta di una piccola mostra, a cura di Pascale Obolo e  Katja Gentric per “Rencontres Orafrica”, che ha luogo in un ambiente privato, ma allo stesso tempo pubblico, di Parigi e racconta una particolare realtà della Regione del Capo, i cui traumi personali  possono essere impiegati anche in altri contesti geografici: l’artista Sud Africana Emma Willemse riflette sulla perdita di una casa, sullo shock conseguente all’espropriazione delle proprie origini, e racconta le memorie di un particolare ricordo spaziale, di un luogo caro, e la riappropriazione dello stesso materiale. Willemse raccoglie i residui in legno delle case abbandonate o espropriate, in via di demolizione, nel suo contesto geografico: la Regione del Capo in Sud Africa. Case che sono state espropriate da parte dello stato al fine di creare spazio per progetti di edilizia privata su larga scala che porteranno alla riqualificazione di una area una volta del tutto rurale, causando traumi emotivi e conflitti sociali tra gli ex residenti.

A prima vista risulta essere un’esposizione di lavori che soddisfano le necessità estetiche dello spettatore. Al centro una tavola con un insieme di libri fatti a mano dalle varie dimensioni, le copertine create grazie a blocchetti di parquet capovolti, al loro interno il dispiegarsi di fogli, accuratamente dipinti a mano o stampati digitalmente, ritagli, mappe ripiegate, immagini di case e nel mezzo un’enorme clessidra riempita di sabbia nera. Sulle pareti enormi fogli di carta da imballaggio, parzialmente strappati, con disegni di dettagli architettonici fatti a mano. I raggi primaverili di Parigi inondano la stanza attraverso le grandi finestre industriali.
Emma Willemse, 101 ways to long for a home, at L'Appartement Paris, photos by Katja Gentric
La loro estetica, il bisogno di toccare questi fragili oggetti, per scoprire i piccoli dettagli di ogni libro, porta al costante processo di comprensione di ciò che si nasconde dietro tale superficie: l’artista parla della perdita di una casa, del disorientamento, del conseguente trauma, di espropriazione e riqualificazione urbana. I pannelli in legno che usa  come copertina per creare i volumi sono stati recuperati  in case che sarebbero state demolite poco dopo l’intervento dell’artista. Il più delle volte i residenti di queste case hanno avuto soltanto una decina di minuti per riunire i beni più cari e lasciare le case prima della demolizione. I pannelli di legno dal parquet dei pavimenti, in alcune circostanze, risultano essere le uniche cose che  le persone vogliono portare via con sé. Essi rappresentano casa, storia, ricordi, rifugio, infanzia, partenza ma anche rinnovamento, dato che tale materiale verrà usato per creare qualcosa di nuovo, cambiando identità al quartiere.
Solo attraverso la contemplazione, improvvisamente la funzione dell’enorme clessidra si fa evidente: l’artista gira intorno all’orologio, si avvicina ai suoi libri, li prende tra le mani uno ad uno, li contempla, li impila solo su una parte del tavolo, prende possesso della tavola ridividendo lo spazio in terreno edificabile, il tavolo diventa la trama edile  che l’artista usa per la costruzione della terra immaginaria, attraverso l’accurata e lenta ridistribuzione dei libri, trovando loro la posizione più appropriata, sfogliandoli, organizzando le memorie ,ora ricostruite, in un contesto altrui. Ha esattamente 10 minuti per costruire la sua terra di ricordi. (Anne Marie Melster) 

Emma Willemse: 101 ways to long for a home
At L’Appartement, Paris
27 bis rue Jacques Louvel-Tessier
75010 Paris
www.appartement-27bis.com 

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