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Era stimato intorno ai 200mila dollari il valore del gruppo di opere ritirate dalla vendita di Arte Contemporanea a Londra da Sotheby’s. 18 opere, tutte parte della collezione dell’Art Pension Trust. Il catalogo era stato pubblicato circa un mese fa e le opere erano state protagoniste della mostra pre-vendita. Tutto sembrava filare liscio fino a quando, all’ultimo minuto, l’APT ha comunicato a Sotheby’s di fermare la vendita. L’APT ha avuto inizio nel 2004, quando l’uomo d’affari Moti Shniberg ha invitato gli artisti ad investire non il denaro, ma la loro arte in un fondo pensionistico. Le opere sono vincolate per 20 anni, e quando sono vendute, i proventi si dividono tra il singolo artista (40 per cento), un pool regionale di artisti che contribuiscono alla cooperativa (32 per cento), e il personale del Trust (28 per cento per i costi di amministrazione). Dopo anni di vendite private, era stata scelta la via delle aste. La vendita di Londra è stata preceduta da una sessione a New York, che ha riscosso un discreto successo, con 13 opere vendute su 15. Allora, perché la vendita londinese è stata interrotta? Pare che alcuni artisti si siano detti non interessati, perché spaventati dalla possibilità di essere svenduti o invenduti. Alcune gallerie invece, ha dichiarato Al Brenner, CEO del nuovo Gruppo MutualArt che gestisce l’APT, hanno affermato che avrebbero potuto ottenere prezzi migliori: una mossa per ristabilire il controllo del mercato degli artisti da loro rappresentati, a volte con molta fatica. Una vicenda simbolo che fa riflettere sui problemi che si riscontrano nel trattare l’arte super contemporanea come un investimento. (RP)