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Nella storica Sala A della Rai di via Asiago, Roma, si è svolta l’affollatissima la conferenza stampa di presentazione di “TV 70: Francesco Vezzoli guarda la Rai”, progetto concepito dall’artista bresciano e sviluppato insieme all’emittente televisiva. Tra i flash accecanti, si vedono in platea molti personaggi del board Rai, oltre ai nomi del mondo dell’arte, tra i quali Germano Celant che ha anche collaborato con l’emittente per il programma radiofonico Lezioni di Arte Contemporanea. A prendere la parola è Monica Maggioni, presidente Rai, che ringrazia Vezzoli ed evidenzia l’importanza del percorso comune, intrapreso da Rai e Fondazione Prada che, dal 9 maggio al 24 settembre, ospiterà la mostra nei suoi spazi della galleria Nord, del Podium e della galleria Sud. A contnuare è Astrid Welter, Responsabile programmi culturali Fondazione Prada, che sottolinea l’attualità dell’incontro tra l’arte e i media, sia quelli nuovi che quelli tradizionali, come la televisione, il cui ruolo è stato fondamentale per la formazione dell’identità del nostro Paese. «La Rai è una macchina di produzione culturale e identitaria», specifica Antonio Campo Dall’Orto, Direttore Generale Rai. Francesco Vezzoli entra nelle questioni affrontate dalla mostra, partendo da un ricordo della sua infanzia: «Penso di essere stato un bambino politicizzato. Ricordo quando arrivavo in spiaggia, a Riccione, con la Repubblica, Il Manifesto e Novella 2000 sottobraccio. Ho sempre vissuto questa ambivalenza tra l’educazione impartita dai miei genitori e l’influsso delle mie nonne, fan della televisione. E questa mostra è un tentativo urgente di trovare un compromesso storico tra questi due diversi percorsi di formazione». La mostra è scandita dall’accostamento tra i documenti provenienti dagli archivi delle Teche Rai e dipinti, sculture e installazioni, selezionati con il supporto curatoriale di Cristiana Perrella e la consulenza scientifica di Massimo Bernardini e Marco Senaldi. L’esposizione si articola in tre sezioni distinte e affronta le relazioni della televisione pubblica italiana con l’arte, la politica e l’intrattenimento. E dall’esperienza individuale a quella collettiva, il passo è breve, «è stato divertentissimo frugare negli archivi della Rai – continua Vezzoli – e lì ho scoperto che è vero che la storia siamo noi, come cantava Francesco De Gregori che ho incontrato qualche tempo fa, ma è stata la Rai a scriverla». A raccontare una storia che appartiene a tutti.