29 aprile 2017

Un giro in skate con Ai Weiwei e Shepard Fairey. Insieme per i primi 100 giorni dell’era Trump

 

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La sua elezione era tutt’altro che scontata eppure sono già passati 100 giorni dall’avvento di Donald Trump. E per di più siamo ancora tutti qui per raccontarlo. Qualcuno ci avrebbe scommesso? Possiamo stare tranquilli ma solo fino a un certo punto, perché l’orologio dell’apocalisse nucleare continua a ticchettare ostinatamente. Nell’attesa, proseguono le manovre per contrastare quell’armamentario lessicale e visivo un po’ trito ma evidentemente affidabile, messo in campo dal nuovo Presidente. 
Ai Weiwei e Shepard Fairey non hanno mai nascosto la loro avversione per Trump, criticandone duramente atteggiamenti e idee in più occasioni, sia attraverso dichiarazioni pubbliche che con le loro opere. L’artista che nel 2008 supportò la candidatura Obama con l’icona Hope, ha dato anche vita ad Amplifier Foundation, associazione non-profit che si occupa dell’organizzazione di una contro-campagna mediatica, riunita sotto lo slogan We The People-are greater than fear. Per celebrare questi 100-giorni-dopo, i due hanno riunito le forze sotto l’egida dello skateboard, l’oggetto dissidente per antonomasia, e insieme a The Skateroom, impresa sociale che collabora con artisti di tutto il mondo, hanno lanciato una nuova collezione, riprendendo alcuni tra i loro lavori più conosciuti, rigorosamente adattati al supporto mobile. Entrambe le collezioni, composte da multipli in edizione limitata e firmata, si potranno acquistare esclusivamente dal negozio online Skateroom e durante l’Art Market di San Francisco. 
Ai Weiwei ha proposto una rielaborazione di Study of Perspective: The White House, tra i lavori più forti dell’artista cinese, in cui gli edifici più simbolici del mondo vengono “additati” con il gesto di scherno universalmente riconosciuto. Fairey, a suo agio con questa insolita superficie considerando i suoi trascorsi di street artist, presenta No future, lo slogan di denuncia già su magliette, poster e muri, riferito alla propaganda che acuisce l’odio. «La mia arte è sociale e politica a prescindere da chi occupa la Casa Bianca ma le mie preoccupazioni si sono amplificate dopo l’elezione di Donald Trump – dice Fairey – Già durante la campagna elettorale, Trump si rivolgeva a un elettorato non informato e guidato da impulsi oscuri, in cerca di capri espiatori». E chissà cosa ci aspetta nei prossimi cinque anni.

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