01 maggio 2017

La scommessa della Biennale di Berlino 2018. Un team giovanissimo e non convenzionale affiancherà Gabi Ngcobo

 

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Il tradizionale appuntamento con Gallery Weekend si è appena chiuso, lasciando alle spalle un ricchissimo programma di quarantasette eventi espositivi diffusi da Mitte a Kreuzberg, in gallerie e musei, tra giovani promesse e graditi ritorni, da Anri Sala a Thomas Schütte. È stata poi annunciata la data di presentazione di Art Berlin, 14 settembre 2017, una kermesse nuova di zecca ma dall’eredità pesante, visto che questa continuazione ideale di ABC-Art Berlin Contemporary si svilupperà da una costola di Art Cologne. Non c’è ancora un manifesto preciso ma Maike Cruse, plenipotenziaria del contemporaneo in Germania, direttore di ABC e responsabile di Gallery Weekend, ammicca alla situazione: «Berlino è un centro vitale dell’arte e molti galleristi vorrebbero vedere una vera fiera in città». In tutta questa profusione di eventi, date e proclami, potrebbe addirittura passare sottotraccia la nomina del team che affiancherà l’esperta Gabi Ngcobo nella curatela della decima Biennale d’Arte Contemporanea di Berlino. Moses Serubiri, classe 1989, poeta, curatore, fotografo, pianista con base a Kampala, Uganda, Nomaduma Rosa Masilela, dottoranda in storia dell’arte e della diaspora africana, alla Columbia University, New York, Thiago de Paula, educatore al Museu AfroBrasiliano di Sao Paulo e studioso dei fenomeni dello schiavismo africano, e Yvette Mutumba, curatrice del Weltkulturen Museum di Francoforte e del focus dedicato, nel 2016, dall’Armory Show all’arte africana. 
Giovanissimi, sono stati scelti più per ciò che stanno facendo che per ciò che hanno fatto, per la profondità dei progetti di ricerca in corso, tutti legati, anche in senso lato, ai temi dello spostamento, dell’alterità e del postcoloniale, per la propensione al dialogo e al lavoro di squadra, per le pratiche non convenzionali. Giovane anche il graphic designer Maziyar Pahlevan, formatosi a Teheran e stabilmente a Berlino, che si occuperà di definire l’identità visiva della Biennale. 
Una decisa taratura sulla componente narrativa curatoriale, come nella tradizione della biennale berlinese ma questa volta, dopo le meraviglie del virtuale della scorsa edizione, in funzione di un avvicinamento all’incertezza del reale, per interiorizzare questo momento storico, interpretandone le caratteristiche come metodo di lavoro. In termini strategici, è la debolezza a diventare punto di forza, ammettendo la legittima parzialità del punto di vista, «non si fornirà una lettura coerente della storia o del presente», si legge sul sito ufficiale. Insomma, sembra che non ci sarà spazio per la canonica carrellata di opere, perché questa Biennale «sarà immaginata e modellata attraverso sogni e azioni collettive», per pensare e agire anche un po’ oltre l’arte. A questo punto, la curiosità non può che aumentare ma i tempi sono ancora lunghi, l’appuntamento è per il 9 giugno 2018. C’è da scommetterci che qualcos’altro, nel frattempo, salterà fuori. 
In alto: Nomaduma Rosa Masilela. © Nomaduma Rosa Masilela. Courtesy the Berlin Biennale.

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