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Chiamarla provocazione è un eufemismo. Il Codacons scrive all’Unesco che Roma non può essere più considerata Patrimonio mondiale dell’umanità. Secondo l’Associazione per la Difesa dell’Ambiente e dei Diritti dei Consumatori, «il centro storico della capitale deve essere almeno per il momento escluso dalla lista dei siti individuati dall’Unesco», nella quale risulta iscritta dal 1980, perché, ormai, sono decaduti tutti i requisiti previsti. Secondo il Presidente Carlo Rienzi, la capitale è invasa da «rifiuti e sporcizia, topi e volatili banchettano tra le strade, auto e moto parcheggiate su marciapiedi e isole pedonali, giardini e aree verdi trasformati in giungle, turisti che fanno il bagno nelle fontane storiche, manichini impiccati appesi dai tifosi di fronti al Colosseo in segno di minaccia. Sono solo alcuni dei problemi quotidiani di Roma che fanno venire meno i requisiti per il rilascio del riconoscimento Patrimonio mondiale dell’umanità». E la città, simbolo non solo d’Italia ma di tutto l’occidente, merita ben altro, «tra i criteri per l’inserimento di un sito nella lista dell’Unesco, infatti, figurano “l’apportare una testimonianza unica o eccezionale su una tradizione culturale o della civiltà”, e “essere un esempio eminente dell’interazione umana con l’ambiente», continua Rienzi. La nota arriva in seguito all’operazione di monitoraggio della situazione ambientale di alcune zone nevralgiche di Roma: Prati, Piazza Vittorio, Ostiense, parchi pubblici e Colosseo-Colle Oppio. L’operazione iniziò durante la giunta Marino ed è proseguita fino a oggi, sotto la giunta Raggi, ma i risultati, analizzati con l’ausilio di telecamere, sembrano essere sempre gli stessi.