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Una storia che racconta le vicissitudini legate a una collezione di più di cinquecento film e cinegiornali dell’epoca del muto, ritrovata fortuitamente tra i ghiacci. E sullo sfondo, l’evoluzione di una cittadina canadese, simbolo della grande corsa all’oro che interessò le aree dello Yukon e del Klondike, tra i miti fondativi della cultura statunitense e meravigliosamente descritta anche nelle pagine di Jack London. “Dawson City. Il tempo tra i ghiacci” è un racconto tanto ipnotico e suggestivo quanto lineare e realistico, equilibrato tra utilizzo di materiale d’archivio e found footage, documentario e poesia, come nello stile cui ci ha abituati Bill Morrison, tra i più influenti e raffinati film-maker americani, vincitore, tra l’altro, dell’Alpert Award del 2006.
La pellicola, presentata all’ultimo festival di Venezia per la sezione Orizzonti, è arrivata al cinema grazie alla Cineteca di Bologna, nell’ambito del progetto da Gian Luca Farinelli, e sarà proiettata il 18 maggio nel Teatrino di Palazzo Grassi, alla presenza del regista. Durante l’arco temporale della narrazione, che copre il periodo che va dal 1846 al 1978, attraverso gli intrecci intessuti, lungo le strade della cittadina, da personaggi realmente esistiti, tra i quali spiccano i nomi Trump e Rockefeller, si assiste alla nascita di quei processi sociali ed economici giunti all’apice sul finire del ‘900. Per scoprire come il capitalismo più avanzato si sia formato tra i ghiacci di una regione isolata.