23 maggio 2017

La Sala Reale della Stazione di Torino riapre per Guglielmo Castelli. Che mostra la poesia nella patologia

 

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Un luogo nascosto di Torino, città occulta per eccellenza, tornerà visibile ma solo per due giorni. Dal 24 al 25 maggio, giusto il tempo di “Asomatognosia”, mostra di Guglielmo Castelli, a cura di Treti Galaxie e in collaborazione con Francesca Antonini Arte Contemporanea e Grandi Stazioni Rail. E dire che la Sala Reale si trova in uno dei luoghi più trafficati della città, considerando che si tratta della sala d’attesa di prima classe, costruita nel 1864 da Alessandro Mazzucchetti. In questi spazi solitamente inaccessibili, resi ancora più affascinanti dal ciclo di pitture di Francesco Gonin che raffigurano gli elementi di Terra, Acqua e Fuoco, il Re aspettava l’orario della partenza, lontano dal popolo con il quale, pure, avrebbe viaggiato. 
Rimanendo su un tema di forte suggestione ma con una profonda deviazione biologica, l’artista torinese, nato nel 1987, si concentra su una patologia, l’asomatognosia, che è una condizione neurologica caratterizzata dalla perdita della capacità di riconoscere una parte del corpo come propria. Prodigi della mente, quella stessa che fa scambiare una moglie per un cappello, direbbe Oliver Sacks, deliri della conoscenza e ambiguità della propriocezione, chiariti dalla scienza. Nel caso specifico, sarebbero le lesioni subite dal lobo parietale di un emisfero cerebrale a provocare questa alienazione dal sé, interpretata poeticamente dal linguaggio artistico che ne evidenzia la condizione di fragilità, per trasformarla nella potenza dell’astrazione. «In questi nuovi dipinti sperimento un processo pittorico di rimozione, ma anche di inclusione all’interno del quadro di un qualcosa che è esterno al corpo che sto dipingendo. Una sorta di appendice, di altro corpo, che spera di non essere rigettato», dice l’artista.

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