02 giugno 2017

Lisson Gallery chiude la sede di Milano. Sei anni di mostre, da Anish Kapoor a Giulio Paolini. Ma si riparte da New York

 

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Era nell’aria già da qualche tempo e sicuramente non è il modo migliore per festeggiare il 50° anniversario. Lisson Gallery chiude la sua sede di Milano. Pochi mesi fa, a marzo, era stata presentata la nuova sede di New York, con una personale di Carmen Herrera, uno spazio lungo la High Line, tra la 24th e 23rd Street, progettato dallo Studio MDA e dallo Studio Christian Wassmann. La galleria venne fondata, a Londra, nel 1967, da Nicholas Logsdail e ne fu subito chiaro il percorso, con le prime mostre dedicate a Richard Long, Dan Graham, Carl Andre, Sol LeWitt. E, a scorrere, tutti gli artisti più influenti degli ultimi decenni, come Tony Cragg, Marina Abramovich, Ai Weiwei, Lee Ufan e Lawrance Weiner, con una predilezione per le correnti minimale e concettuale. 
Lo spazio milanese aprì i battenti nel 2011, con una collettiva curata da Ryan Gander. Poi, tra gli altri, Anish Kapoor, Jason Martin, Wael Shawky, Giulio Paolini – unico tra gli italiani – Jonathan Monk, fino alla mostra di Spencer Finch, chiusa il 19 maggio. Insomma, si era partiti con le migliori speranze, in larga parte mantenute. Ma si poteva avvertire il sentore di un’attenzione che, partita al massimo, si era andata affievolendo. E così, a scadenza del contratto di locazione, la scelta di non prolungare, «una decisione difficile, ma che riteniamo riflettere gli obiettivi futuri della galleria», si legge in una dichiarazione.

In home: Spencer Finch, Veduta della mostra presso Lisson Gallery, Milano, 2017. Courtesy l’Artista e Lisson Gallery, Milano. Fotografia di Jack Hems 
In alto: Anish Kapoor, veduta della mostra presso Lisson Gallery, Milano, 2016. (c) Anish Kapoor. Courtesy Lisson Gallery. Fotografia di Jack Hems

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