21 giugno 2017

Ritmi tribali a Kensington Garden. Apre il Serpentine Pavillion progettato da Francis Kéré

 

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«In Burkina Faso, durante le ore più calde, ci riuniamo intorno a un grande albero, i genitori con i figli, gli anziani con i giovani. È qui che sono cresciuto, ascoltando i loro racconti», ed è a queste storie che Diébédo Francis Kéré si è ispirato per realizzare il Serpentine Pavillion, appuntamento ormai tradizionale che segna ufficialmente l’inizio dell’estate del contemporaneo. Dal 2000, infatti, la storica galleria Londinese, che ha lavorato, tra gli altri, con Jimmie Durham, Laure Prouvoust, Julio Le Parc, Marina Abramovic e Haim Steinbach, promuove la realizzazione di un padiglione estivo temporaneo, affidato, di volta in volta, agli architetti più influenti in circolazione. La prima fu Zaha Hadid e già sembrò chiaro che il percorso sarebbe stato segnato dai progetti delle archistar, come Rem Koolhaas, Olafur Eliasson, Peter Zumthor, Ai Weiwei insieme allo studio svizzero Herzog & de Meuron, con una propensione per i vincitori del Pritzker Prize, il premio più importante al quale un architetto può agognare. 
Quest’anno, la scelta è andata su Kerè, nato nel 1965 e da anni a Berlino ma rimasto molto legato alla sua terra d’origine, Gando, un villaggio di 2500 anime nella zona centro orientale del Burkina Faso, dove realizzò una scuola elementare, un progetto che, nel 2004, gli valse l’Aga Khan Award for Architecture. In seguito, Kerè ha ampliato il disegno, aggiungendo una libreria, una scuola secondaria e una casa per gli insegnanti. Tra i suoi progetti futuri, un villaggio a Laongo e il palazzo del parlamento del Burkina Faso, peraltro già presentato alla Biennale di Architettura di Venezia del 2016. È la prima volta che la Serpentine nomina un architetto africano, una preferenza che dimostra quanto sia ancora crescente l’interesse per l’arte di quel Continente, soprattutto nei Paesi anglofoni. 
Così, per il suo Padiglione Estivo, Kerè ha ritagliato uno spazio di contemplazione e adattabile alle mutevoli condizioni climatiche tipiche di quelle latitudini, con una grande ombra naturale dalla quale godere dell’energia del sole e del vento, ha spiegato. Una sede perfetta per accogliere “Radical Kitchen: Recipes for Building Community and Creating Change”, il programma di incontri che animerà il padiglione fino ad agosto, sviluppando il senso di dialogo tra comunità e culture. Kerè ha perseguito nella sua ricerca, da sempre propensa all’utilizzo di materiali leggeri ed ecosostenibili, facili da assemblare anche per operai non esperti, «Ho capito di non dover cambiare me sstesso per questa commissione, dovevo rimanere sincero ma osare un po’ di più» ha dichiarato. Così, la struttura inserisce i suoi ritmi semplici, giocati sulla sovrapposizione tra le forme pure del cerchio e del triangolo, chiaramente affini a certe geometrie tribali, nel curatissimo prato di Kensington Garden. Qui risalta la differenza formale con l’austera, vittoriana, sede della Serpentine, che è a pochi metri, il colpo d’occhio dall’alto è conturbante, come assistere all’incontro tra due mondi, nella reiterazione di eventi già successi secoli fa.

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