27 giugno 2017

ART & BUSINESS

 
Storie di aziende, collezioni e “Cultural Responsability” che migliorano la società
di Elena Di Giovanni

di

Il concetto di Corporate Cultural Responsibility, attività di investimento in ambito culturale che integra le tradizionali azioni di CSR – Corporate Social Responsability – aziendale, è stato messo in pratica ancora prima che la parola stessa diventasse di uso comune. 
Tutte le volte che le aziende hanno scelto di destinare parte delle loro risorse ad attività volte al benessere dei propri dipendenti e delle comunità nelle quali operano hanno deciso, più o meno consapevolmente, di riconoscere pubblicamente la loro responsabilità sociale nei confronti delle persone e dei territori. Persone e pianeta sono, non a caso, le parole-chiave alla base della CSR di un gruppo che ha fatto la storia dell’imprenditoria italiana come Ferrero. Una coscienza sociale che fa parte del DNA stesso del Gruppo con sede ad Alba e che risale ad un periodo storico in cui tali concetti non erano ancora mainstream. In una lettera ai propri dipendenti, scritta nel 1957, Michele Ferrero dichiarava infatti che si sarebbe ritenuto soddisfatto solo quando sarebbe riuscito, “con fatti concreti”, a garantire “un sicuro e sereno avvenire” alle persone impiegate in azienda e alle loro famiglie. Un impegno forte e appassionato che Ferrero, imprenditore illuminato scomparso due anni fa, ha voluto sempre dimostrare con iniziative innovative che parlassero alla comunità locale, ma anche a tutti i consumatori che da decenni associano il marchio alla qualità e all’eccellenza del Made in Italy. 
null

Giacomo Balla, Dinamismo di un Cane al Guinzaglio, 1912, olio su tela. Buffalo, The Albright-Knox Art Gallery /Bequest of A. Conger Goodyear and Gift of George F. Goodyear, 1964 © 2015 Artists Rights Society (ARS), New York / SIAE, Romem (Foto Tom Loonan) © Giacomo Balla, by SIAE 2016

Parto dall’esperienza pioneristica di Ferrero per soffermarmi sulle potenzialità della Corporate Cultural Responsibility, concretizzatasi ancora prima che il concetto venisse definitivamente formalizzato. La Fondazione Ferrero, nata nel 1983 e presieduta da Maria Franca Ferrero, è intitolata ai genitori e allo zio di Michele Ferrero ed è nata con la mission di promuovere il miglioramento della qualità della vita, soprattutto quella dei più anziani. Un miglioramento che abbraccia anche il potere inclusivo dell’arte e la sua capacità di fare da ponte tra generazioni: l’ultima mostra promossa dalla fondazione è stata quella dedicata ad uno dei maestri del futurismo italiano, Giacomo Balla. Un percorso espositivo che si è avvalso del coordinamento scientifico delle istituzioni pubbliche del Torinese (Sovrintendenza e GAM) e visitabile gratuitamente. Segno che l’arte è mezzo di dialogo costante con l’ambiente che ci circonda e base di collaborazione con tutti gli attori del territorio. In questo campo, la Fondazione Ferrero ha fatto scuola. 
Un’altra realtà molto connotata per l’investimento familiare e per l’impatto a livello territoriale è la Collezione Maramotti di Reggio Emilia (foto in alto), spazio che nasce dallo spirito di Achille Maramotti che negli anni Settanta inizia a collezionare opere realizzate a partire dal 1945. Scopo della collezione era creare una familiarità quotidiana tra il luogo di lavoro e l’arte, per questo le opere erano esposte negli stabilimenti Max Mara e proprio qui nel 2000 è stata creata la sede della Collezione. Il programma della Maramotti si concentra sull’esposizione della permanente e su personali di artisti viventi (il progetto in corso è una ricognizione dell’opera di Elisabetta Benassi e Krištof Kintera). Il particolare che testimonia del lavoro e affezione verso il territorio è il fatto che l’ingresso è gratuito e si accede solo su prenotazione: la visita deve essere accompagnata da un operatore culturale, per informare il visitatore su scopi, attività e finalità di una collezione privata. Ogni due anni inoltre viene organizzato il Max Mara Prize for Woman, dedicato ad artiste donne che risiedono in Gran Bretagna. 
null

TV 70: Francesco Vezzoli guarda la Rai. Courtesy Fondazione Prada, Milano Venezia
La moda e l’arte sono mondi che, di primo acchito, ci sembrano ancora più vicini e maggiormente comunicanti. Soprattutto quando il lavoro dell’artista si concentra sui linguaggi della contemporaneità e sugli elementi che danno forma all’immaginario collettivo. È il caso del progetto elaborato dall’artista Francesco Vezzoli in collaborazione con la Rai “TV 70: Francesco Vezzoli guarda la Rai”, inaugurato lo scorso 9 maggio negli spazi della Fondazione Prada a Milano. Un viaggio appassionante nel decennio in cui la televisione pubblica ha plasmato i costumi sociali e il tempo libero di milioni di italiani, in bilico tra il desiderio di evasione e la violenza del radicalismo politico. «Un’indagine vera sul costume contemporaneo e sulle sue radici – ha spiegato Vezzoli – ma con un senso critico sull’oggi». Guardare in modo nuovo al passato e riflettere sulle modalità, spesso poco visibili e trascurate, attraverso le quali ha lasciato un’impronta indelebile sul presente è uno dei compiti fondamentali dell’arte e dell’artista. La Fondazione Prada, un altro esempio interessantissimo di impegno di un grande gruppo internazionale in ambito culturale, ha dimostrato ancora una volta la capacità di mettere a disposizione della collettività uno spazio nel quale la visita è innanzitutto un viaggio in noi stessi e in ciò che siamo. 
Il senso di responsabilità nei confronti dell’arte non è per forza di cose appannaggio esclusivo delle grandi aziende. Ne è un esempio la piccola Fondazione Giuliani, fondata nel 2010 dai collezionisti d’arte contemporanea Giovanni e Valeria Giuliani. Una passione individuale che diventa istituzione collettiva. È alla Fondazione che dobbiamo l’installazione The Golden Tower, un progetto collaterale alla Biennale di Venezia 2017 di James Lee Byars in Campo San Vio, sul Canal Grande. Una torre dorata visibile da diversi punti della città lagunare e un simbolo, affascinante ed enigmatico, del legame tra terra e cielo e tra mondi diversi. Una rappresentazione universale per una città che è da sempre punto di incontro tra continenti, civiltà e culture. Una dimostrazione, inoltre, di come l’arte sia soprattutto veicolo di messaggi che parlano senza bisogno di intermediazioni alla società. Pensiamo per esempio alla potenza comunicativa dell’opera di Lorenzo Quinn, la colossale installazione che rappresenta due mani a sostegno di palazzo Ca’ Sagredo a Venezia. 
Grandi gruppi storici, giganti del fashion, semplici appassionati. La Corporate Cultural Responsibility è ormai tendenza diffusa e in costante crescita. 
Elena di Giovanni
Vice Presidente di Comin & Partners
tw @@elendigiovanni

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui