08 luglio 2017

Istinto e ricerca per Il Ponte parla Freddy Battino

 

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Con quasi 15 milioni di incassi soltanto nel primo semestre, la casa d’aste milanese Il Ponte, si afferma come una delle realtà italiane più interessanti sulla piazza. L’incremento del fatturato del 22 per cento rispetto allo stesso semestre 2016 è in parte dovuto alla continua crescita del dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea, che da solo ha portato 5,6 milioni di euro. Abbiamo raggiunto Freddy Battino, direttore del dipartimento, per capire qual è la formula del successo del settore. 
Come ha iniziato questo percorso? Quando ha capito che questo interesse per l’arte poteva diventare una professione?
«Il mio amore per l’arte risale alle elementari, ma è stato a 15 anni che quello che io chiamo “fuoco sacro” mi ha portato a comprendere qualche fosse la mia strada: volevo diventare mercante d’arte. All’epoca, parliamo dei primi anni Sessanta, chi voleva intraprendere questa strada era considerato un bohémienne; scelsi di fare la gavetta e, dovendomi pagare un affitto, iniziai a vendere grazie ai miei compagni di classe, alcuni dei quali figli di importanti collezionisti. Per i nobili era disdicevole vendere, così cominciai a prendere le loro opere in conto vendita e a fare il mediatore. I primi guadagni li spesi per cataloghi, opere e viaggi. La meta che ha cambiato la mia visione è stata Londra, visitata per fare ricerca e per comprendere il mercato, perché Londra all’epoca era sinonimo di aste. Gli italiani che andavano a Londra negli anni 70, però, si contavano sulle dita di una mano. A me l’esperienza londinese servì per capire che dovevo fidarmi del mio intuito: il mio primo investimento è stato proprio frutto dell’istinto. Ero da Waddington e osservavo un gruppo di grandi carte di Twombly da mille sterline l’una che i galleristi avevano steso a terra, notai che uno era completamente diverso dagli altri, e che avrebbe potuto avere anche un valore diverso. Lo acquistai, appena uscito dalla galleria entrai da Sotheby’s e vendetti l’opera per 10 volte la cifra sborsata pochi minuti prima. Ho studiato molto, e grazie alla collaborazione con la Galleria Blu di Milano di cui sono stato direttore artistico, ho affinato il mio intuito, cercando di fare sempre qualcosa di nuovo e proporre qualcosa di interessante». 
E poi è arrivato a Il Ponte.
«Anche da direttore del dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea ho continuato a sperimentare, a scommettere su artisti e periodi storici poco noti, dimenticati o sottovalutati. Cerchiamo di dare dei messaggi, quando l’artista è oggetto di speculazioni perde di interesse per noi. Abbiamo molto rispetto del pubblico e dei nostri clienti, consigliare l’acquisto di un’opera è una responsabilità. Il mondo delle aste invece per molti è il piatto ricco in cui ficcarsi, per questo il mercato sta diventando sempre più schizofrenico, e gli acquirenti impreparati rischiano di fare confusione». 
A proposito di sperimentazione, il mondo delle aste è sempre di più online, cosa ne pensa di questa nuova evoluzione?
«Credo sia una realtà possibile, ma per un tipo di prodotto che sia di un certo genere: tutta l’arte moltiplicata si vende meglio online, senza commento del banditore, senza bisogno di vederla dal vivo. È più giusto vendere una ceramica di Picasso o una stampa di cui non è necessario controllare lo stato di conservazione; mettere online un acquarello di Morandi o un Klimt è troppo rischioso, sia per il compratore e che per il venditore».
Come sarà questo 2017 per Il Ponte?
«Non ci sono ricette prestabilite, procederemo nella direzione in cui abbiamo iniziato, continuando a rinnovare, evitando le mode, offrendo ai potenziali clienti qualcosa di nuovo e dimenticato, proporremo ancora molta scultura italiana, trovando opere interessanti ma non di moda, ma soprattutto trovando la ricetta strada facendo». 
Per chi vuole iniziare a collezionare quali gallerie italiane consiglia?
«Se si è in cerca delle Avanguardie o di opere storicizzate andrei alla Galleria Tega a Milano, e per qualcosa di più fresco e più vicino al mercato primario mi affiderei a P420 di Bologna». (RP)

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