14 luglio 2017

Finissage N.Dash Fondazione Giuliani per l’arte contemporanea, Roma

 

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Il deserto del Nuovo Messico suona il suo silenzio sul Lungo Tevere. Sembra questo un incipit alla visita della prima personale dell’artista americana N. Dash a Roma, alla Fondazione Giuliani a cura di Adrienne Drake. Classe 1980, ha esposto in molte istituzioni americane, un’artista da primo mercato. Il suo è già un linguaggio maturo, che si distende sui sedimenti del minimalismo americano. Ma se di minimalismo parliamo, esso è conchiuso nello spazio della tela, raccolto e concentrato sullo spaziamento del colore che a volte esce fuori dalla pittura per esser presentato direttamente come gradazione intrinseca di un materiale. A proposito di materiali, come dicevamo, essi sono camuffati nella composizione, utilizzati come materia colorata. L’artista combina materiali organici come il pigmento e la juta, con elementi di costruzione comune, come il polistirolo e il nastro da pittore. Il materiale che da la premessa a quel silenzio del deserto di cui parlavamo prima, è l’adobe, un impasto di argilla, sabbia e paglia essiccata al sole utilizzata da molte popolazioni in ogni epoca per costruire mattoni. Ciò è tutt’oggi parte integrante della cultura messicana che sembra ormai esteso fino ai territori del Nuovo Messico che così rivendicano, pur essendo uno degli Statu Uniti, le loro radici. 
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N. Dash Installation view at Fondazione Giuliani, Rome, 2017, photo Giorgio Benni
Dalla bibliografia si legge che l’artista vive per periodi dell’anno in queste zone.Non è caso che la sua sensibilità l’ha portata a far si che questo stesso materiale di sostegno per la vita di quelle comunità, diviene materiale base, il fondo delle sue stesse pitture, che combinate con altri materiali tendono ad una composizione architetturale. Le sue opere, così essenziali, rimandano ai vasti orizzonti di cui è capace il deserto quando deriva verso un fondo invisibile. Quelle regolarità per quanto appaino razionali non sono che la restituzione inconscia di un paesaggio indefinito, in cui la materia spazia in superficie. Penso a quegli stessi orizzonti segnati da Mark Rothko che mascherava dietro un’evidente astrattismo la ricerca pura e determinata dello spirito celato dietro il reale. Le opere di Dash si lasciano percorrere in movimento. Esse mutano. Alcune opere a guardarle da lontano sembrano bidimensionali invece, avvicinandoci scopriamo che sono composti da tele su un fondo di tessuto, che nello spazio stretto e lungo delle sale della fondazione Giuliani appaiono come dei miraggi, quelli delle favole egiziane, che in un gioco al miscuglio tipico della fantasia degli artisti, trovano posto in un deserto più lontano nel sud dell’ovest del mondo. 
Marcello Francolini
mostra visitata il 6 luglio 
N. Dash
Fondazione Giuliani
Via Gustavo Bianchi, 1, Roma
Orari: da martedì a sabato dalle 15:00 alle 19:30
Info: info@fondazionegiuliani.org

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