15 luglio 2017

TEATRO

 
Santarcangelo: cinquant'anni di teatro e performance, e non sentirli. O forse sì? E allora festa!
di Giulia Alonzo

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Come ogni anno arriva il momento dei festival estivi. Santarcangelo è da cinquant’anni un appuntamento imprescindibile per chi ama le arti teatrali e performative. O forse non è più così, visto anche il proliferare di manifestazioni di tendenza.
Santarcangelo nasce nel 1971 come Festival Internazionale del Teatro di Piazza per volontà di Piero Patino, sull’onda dei movimenti del ’68 con lo slogan “Il teatro sgorga dalla collettività, per ritornare alla collettività”, imponendosi come manifestazione dal forte carattere politico e sociale. Dal 1984 diventa Santarcangelo dei Teatri e inizia una programmazione durante tutto l’anno, diventando un punto di riferimento per la ricerca italiana e internazionale, dando spazio a Grotowski, al Terzo Teatro, alla post-avanguardia e alle nuove realtà della Romagna Felix Teatrale: Raffaello Sanzio, Valdoca, Albe, Motus. Un festival aperto al mondo, che continua a coltivare un legame profondo con il territorio e ogni direttore  ha sempre saputo che il festival è prima di tutto Santarcangelo stessa. 
Nell’estate del 2016, in seguito a un bando pubblico, succedendo a Silvia Bottiroli. è stata nominata direttrice artistica del festival Eva Neklyaeva. Trentasei anni, bielorussa, laureata a Minsk in Critica dell’Arte e già direttrice del Russian Seasons Festival, dello Stage Theatre Festival e del festival internazionale di teatro Baltic Circle di Helsinki, la Neklyaeva sembra avere le carte in regola per un cambio radicale. 
La nuova direzione si percepisce fin dalla prima conferenza stampa: Santarcangelo Festival, ovvero “performance music party”. La parola teatro sparisce, non solo dalla copertina, ma dall’intero programma del festival, primo sintomo significativo della direzione che la kermesse vuole prendere e del ruolo che vuole assumere, nonostante di spettacoli teatrali ce ne siano eccome. Teatro è anche il Premio Scenario, vetrina e trampolino di lancio di compagnie teatrali under35, che come ogni anno da trent’anni Santarcangelo accoglie. 
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Merman Blix, foto di Jessica Bailey
La dieci giorni di Santarcangelo, quest’anno fino al 16 luglio, si apre con Markus Ohrn e la sua Molotov Cocktail, ma è dal sabato che inizia la full immersion, con una infilata di mostre, spettacoli e performance ininterrotte dal pomeriggio a notte inoltrata. La bolognese Eva Geatti presenta Il crepuscolo è dei poeti e degli appartamenti, una mostra che si articola in tre stanze di un appartamento affacciato sulla piazza principale della città: disegni e oggetti il cui significato è “insondabile” trasformano l’incompetenza del visitatore in curiosità, spingendolo a guardare l’arte con gli occhi ingenui di un bambino. Così come un gioco è la performance di Merman Blix, atterrato da Charleston, Alabama, per guazzare nella fontana principale di Piazza Ganganelli. Lui è la vera attrazione del festival, il sirenetto che tutti i pomeriggi indossa la sua coda e tiene corsi per aspiranti sirenette e sirenetti nella piscina comunale. O ancora Play House dei finlandesi Wauhaus, dove un trio di performer mette alla prova gli spettatori cercando di far loro capire i loro limiti attraverso sollecitazioni fisiche. 
Un altro gioco da adulti viene proposto dai Pony Express, gruppo australiano per la prima volta in Europa che con Club Ecosex propongono un luogo in cui dare sfogo ai propri desideri, come masturbare orchidee con preservativi indossati sulle dita o sfogliare riviste porno dove la modella cavalca piante giganti.
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Silvia Gribaudi, R.OSA foto di Ilaria Scarpa
L’atmosfera è quella di una grande festa, acqua fresca che scivola addosso, nulla su cui fermarsi a riflettere. O meglio, tutto è aria da condividere, parafrasando il lavoro di Francesca Grilli The forgetting of air: tutti siamo costretti a respirare e volenti o nolenti, contenti o dolenti, e l’aria che respiriamo è la stessa per tutti. Il respiro come momento di unione e condivisione: il festival diventa un grande appuntamento dove gli artisti incontrano il pubblico, dove c’è partecipazione e intrattenimento, spensierato e superficiale. Gli spettacoli, per lo più italiani, indagano nuove modalità di comunicazione, mixando generi e stili in un linguaggio globale e una fruizione trasversale, capace di coinvolgere un pubblico aperto, desideroso di farsi sedurre. 
Between Me and P., Filippo Ceredi è stata per alcuni la rivelazione del primo week end del festival: è la testimonianza e la condivisione di una storia toccante, la scomparsa di un fratello maggiore, con la “catarsi” dell’unico attore in scena; ma lascia perplessi la partecipazione dello spettatore a una situazione così intima, sopratutto perché non si va oltre il turbamento emotivo del protagonista-narratore, un  atto artistico che non  riesce a trovare forma o sviluppo. 
Se qui il dispositivo teatrale è uno strumento narrativo, nello spettacolo di Doris Uhlich Ravemachine il corpo si fa megafono degli effetti creati dalla musica. Un’ora di musica tecno, prodotta dalla stessa perfomer austriaca Uhlich, dove il suo corpo e quello del danzatore Michael Turinsky – affetto da evidenti difficoltà motorie – diventano tutt’uno con gli strumenti.
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Filippo Ceredi, Between Me and P.
Infine R.OSA 10 esercizi per nuovi virtuosismi di Silvia Gribaudi: la giovane Claudia Marsicano, che muove con grazia la sua imponente massa fisica, accompagna il pubblico in una successione di variazioni sul tema della danza, con energia e coinvolgimento, ma senza andare al di là di un simpatico intrattenimento. 
Un pubblico ben disposto si fa ammaliare da una “art for the art sake”, a volte banale, che ricorda le prime decadenze artistiche, dove la dialettica tra significato e significante viene abbandonata a favore della libera interpretazione del pubblico. La stessa direttrice Eva Neklyaeva, nella conferenza stampa di presentazione dell’edizione 2017, ha riassunto il festival nella indecifrabile immagine della copertina, esaltando il libero arbitrio dell’interpretazione. 
Dire che Santarcangelo è stato ridotto a un mero party nel bosco (citando il dopofestival Imbosco, che ha visto coinvolti alcuni dj italiani e internazionali) è certamente riduttivo. Ma di sicuro questa edizione è un inno alla leggerezza e al desiderio di piacere, innanzitutto a sé stessi, di artisti e spettatori: dunque, let’s party!
Giulia Alonzo

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